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- Modifiche al testo unico sulla sicurezza 81/08: tutte le novità
Buongiorno, Caro lettore, devi sapere che Con la Legge 215/2021, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 20 dicembre 2021 n. 301, è stato convertito in legge, con modificazioni, il Decreto-legge 146/2021, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. Stiamo parlando del Decreto Fisco-Lavoro, che contiene anche modifiche rilevanti al D. Lgs. 81/08 ben noto come Testo Unico Sicurezza sul Lavoro. Le modifiche che sono state apportate al D. Lgs. 81/08, in data 21.12.2021 riguardano diversi articoli, evito volontariamente di farti la lista che sono sicuro non ti direbbe nulla, così ho deciso di approfondire il tutto nel dettaglio ponendolo in maniera discorsiva in modo da essere semplicemente fruito per chi non è propriamente del settore. Partiamo con il comprendere lo scopo di queste azioni intraprese dal Governo, ovvero, quello di incentivare e semplificare l’attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di garantire un maggiore coordinamento dei soggetti competenti a presidiare il rispetto delle disposizioni per la prevenzione. È quindi possibile (essendo la legge già in atto) intervenire con maggiore efficacia sulle imprese che non rispettano le misure di prevenzione o che utilizzano lavoratori in nero. Lavoro Nero: si abbassa la soglia per la sospensione dell’attività Sono cambiate le condizioni necessarie per l’adozione del provvedimento cautelare della sospensione dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni: 10% e non più 20% del personale “in nero” presente sul luogo di lavoro. Non è più richiesta alcuna “recidiva” ai fini della adozione del provvedimento che scatterà subito a fronte di gravi violazioni prevenzionistiche. La nuova disciplina del provvedimento cautelare prevede altresì l’impossibilità, per l’impresa destinataria del provvedimento, di contrattare con la pubblica amministrazione per tutto il periodo di sospensione. Violazione norme sicurezza sul lavoro: il prezzo si fa più salato Nel caso in cui vengano accertate gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro, è prevista la sospensione dell’attività, anche senza la necessità di una reiterazione degli illeciti, quali: Mancata elaborazione del DVR; Mancata elaborazione del Piano di Emergenza ed Evacuazione; Mancata formazione ed addestramento; Mancata costituzione del Servizio di Prevenzione e Protezione; Mancata elaborazione del POS; Mancata fornitura dei DPI contro le cadute dall’alto; Mancanza di protezione contro il vuoto; Mancata applicazione delle armature di sostegno; Lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai rischi elettrici; Presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai rischi; Mancanza di protezione contro contatti diretti ed indiretti; Omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza segnalazione o controllo; Mancata notifica all’organo di vigilanza prima dell’inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione all’amianto. Per poter riprendere l’attività produttiva è necessario non soltanto il ripristino delle regolari condizioni di lavoro, ma anche il pagamento di una somma aggiuntiva di importo variabile a seconda delle fattispecie di violazione. L’importo è raddoppiato se, nei cinque anni precedenti, la stessa impresa ha già avuto un provvedimento di sospensione. Attività di formazione e addestramento: quali sono le novità per il datore di lavoro? Modificato anche l’art. 37 del D.lgs. 81/08, nel quale viene indicato che entro il 30 giugno 2022 verrà emanato un nuovo Accordo Stato Regioni in materia di formazione, in cui verranno: individuate le durate, contenuti minimi e modalità della formazione obbligatoria a carico del Datore di Lavoro; individuate le modalità di verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro e anche le modalità delle verifiche dell’efficacia durante lo svolgimento delle prestazioni lavorative. Con le modifiche apportate all’art. 37 del D. Lgs. 81/08 viene inoltre indicato che: l’addestramento consiste nello svolgimento di prova prativa, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, anche in relazione all’applicazione delle procedure di lavoro; l’avvenuto addestramento dovrà essere tracciato in apposito registro, anche informatizzato; la formazione per i Preposti, nonché l’aggiornamento abbia cadenza biennale e che questa possa essere erogata esclusivamente con modalità in presenza. La lettura dei combinati disposti porta a concludere che tutte le novità introdotte restano sospese in attesa dell’emanazione del nuovo Accordo Stato Regioni sulla formazione, che, come già detto, dovrà entrare in vigore entro il 30.6.2022. Preposto, una figura in evoluzione Una ulteriore modifica riguarda la funzione del Preposto sulla sicurezza. Viene modificato l’art. 19 del D. Lgs. 81/08 sugli “Obblighi del Preposto”, prevedendo che il Preposto deve interrompere l’attività lavorativa quando: il lavoratore non segue le indicazioni in materia di salute e sicurezza individuate da Datore di Lavoro e dirigenti per l’utilizzo di attrezzature di lavoro o dispositivi di protezione collettiva e individuale (DPI); il Preposto individua carenze o non conformità che possono dar luogo a situazioni di pericolo. Quindi, una maggiore responsabilità a chi è direttamente sul campo in modo da far rispettare il più possibile le disposizioni dettate dal testo unico. Controlli: più ispettori e tecnologie Tra le novità troviamo l’estensione all’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) delle stesse competenze di vigilanza e ispezione in precedenza riconosciute soltanto alle Aziende Sanitarie Locali (ASL), al quale si accompagneranno un aumento dell’organico con un’assunzione prevista di 1024 unità e un investimento di 3,7 milioni di euro per dotare il nuovo personale della strumentazione informatica idonea a svolgere l’attività di vigilanza. Inoltre, è stata rafforzata la banca dati dell’INAIL, il Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP), per il quale si punta a una definitiva messa a regime e a una maggiore condivisione delle informazioni in esso contenute. Gli organi di vigilanza sono tenuti ad alimentare un’apposita sezione della banca dati, dedicata alle sanzioni applicate nell’ambito dell’attività di vigilanza svolta nei luoghi di lavoro. Mentre l’INAIL dovrà rendere disponibili alle Aziende sanitarie locali e all’Ispettorato nazionale del lavoro i dati relativi alle aziende assicurate e agli infortuni denunciati. Per oggi le novità sono concluse, come penso abbia percepito tu stesso vi è un evidente tentativo di regolarizzare quanto più possibile l’attività lavorativa in termini di prevenzione e di salute e la sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro. Spero come sempre di aver reso meno noioso un argomento complesso come quello odierno, e di averti dato delle informazioni utili al corretto svolgimento della tua attività lavorativa. Per qualsiasi informazione non esitare a contattarmi. Alla prossima!
- ISO 9001: tutto quello che devi sapere
Buongiorno Caro lettore, bentornato nel nostro appuntamento settimanale, spero che questo inizio 2022 sia all’altezza delle tue aspettative, ci stiamo ormai per lasciare alle spalle il mese di gennaio equale momento migliore per fare un focus sui tuoi clienti. Ti senti di dare loro il meglio di te? Sia che la risposta sia positiva o negativa non disperare, oggi ti voglio parlare del sistema di gestione della qualità UNI EN ISO 9001:2015. Si sa tutte le aziende offrono sempre il servizio o il prodotto migliore sul mercato al prezzo migliore. Ma è sempre vero? Chi lo certifica? Rispondo io...NESSUNO. Oggi se vuoi ti offro l’opportunità di avere un riconoscimento a livello internazionale che afferma che tutto ciò che svolge la tua attività è eseguito a regola d’arte. Cos’è la Iso 9001? Le norme della serie ISO 9000 sono state definite per delineare i requisiti per i sistemi di gestione della qualità all’interno delle aziende, in particolare la ISO 9001 è lo standard più conosciuto e utilizzato per i sistemi di gestione della qualità di tutto il mondo: infatti più di un milione di aziende sono oggi certificate secondo questa norma in 170 Paesi diversi. Ma di preciso che cos’è la certificazione ISO 9001? È un certificato il cui possesso dimostra che le attività dell’impresa rispecchiano i requisiti minimi della norma ISO 9001; in tal modo il cliente finale può aver piena fiducia sul fatto che i servizi e i prodotti immessi sul mercato corrispondano a determinate specifiche e che tutte le fasi relative alla loro realizzazione siano ripercorribili e verificabili. L’adozione della certificazione ISO 9001 non è obbligatoria, ma il suo possesso sta diventando un attributo sempre più indispensabile per far fronte alle sfide del mercato. Oramai in tutte le gare pubbliche dello stato, negli appalti e anche nell' affidamento di forniture importanti, si richiede il possesso della Certificazione ISO 9001 Quale ‘è lo scopo principale della ISO 9001? La ISO 9001 è la norma di riferimento per un'organizzazione che intenda pianificare, attuare, monitorare e migliorare sia i processi operativi che quelli di supporto, progettando e implementando il sistema di gestione qualità come mezzo per continuare ad alzare l’asticella raggiungendo risultati considerevoli. Il cliente e la sua soddisfazione sono il fulcro della ISO 9001; ogni attività, applicazione e monitoraggio delle attività è infatti volta a determinare il massimo soddisfacimento del cliente (e, se applicabile, utilizzatore finale). Le fasi di applicazione della norma partono dalla definizione delle procedure e registrazioni per ogni singolo processo o macro-processo identificato all'interno dell'organizzazione aziendale. Si passa attraverso tutte le aree dell'organizzazione che comprendono: direzione aziendale pianificazione marketing progettazione e sviluppo del prodotto o servizio vendita approvvigionamento produzione o erogazione installazione assistenza (post-vendita) Inoltre, vi è anche uno studio ed un’analisi di quello che è il patrimonio intellettuale dell’azienda partendo dalla gestione delle risorse umane sino all’orientamento aziendale, passando ovviamente per missione e visione. Quali sono i requisiti della ISO 9001? I requisiti della ISO 9001:2015 (più di 300) derivano dagli otto principi di gestione della qualità e hanno come scopo quello di consentire a un'organizzazione di fornire ai clienti una garanzia di qualità del prodotto e del servizio e non, come molti credono, di servire allo sviluppo di un sistema di gestione della qualità. I requisiti della ISO 9001:2015 possono essere tutti ricondotti a uno dei seguenti requisiti di gestione: Scopo: i requisiti che rientrano in questo primo gruppo servono per riesaminare lo scopo dell'organizzazione e i bisogni e le aspettative delle parti interessate. Contesto: i requisiti relativi al contesto si preoccupano che l'organizzazione esegua una scansione dell'ambiente in cui opera per determinare i fattori che influiscono sulla sua capacità di organizzarsi per adempiere al suo scopo, decidere le priorità e impostare una strategia. Politica: i requisiti che hanno a che fare con la politica servono per definire le intenzioni generali dell'organizzazione, i principi e i valori guida relativi alla qualità. Pianificazione: qui troviamo i requisiti che servono per stabilire gli obiettivi e le relative misurazioni necessari per adempiere allo scopo e alle politiche delle organizzazioni, per valutare i rischi e sviluppare i relativi piani e processi per farvi fronte e per determinare le risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi che tengano anche debitamente conto di questi rischi. Implementazione: qui troviamo i requisiti relativi alle risorse per mettere in pratica e gestire i piani e i processi necessari a fornire gli output e i risultati pianificati. Misurazione: i requisiti relativi alla misurazione servono per misurare e monitorare il raggiungimento degli obiettivi, l'aderenza alle politiche dell'organizzazione e la soddisfazione degli stakeholder Riesame: questi requisiti servono per analizzare e valutare i risultati delle misurazioni, per determinare i risultati delle prestazioni rispetto agli obiettivi e per determinare i cambiamenti necessari all'interno delle politiche, degli obiettivi, delle misurazioni e dei processi per assicurare la continua idoneità, adeguatezza ed efficacia del sistema qualità Miglioramento: in questo ultimo gruppo sono idealmente raccolti tutti i requisiti necessari per intraprendere azioni per portare avanti un miglioramento attraverso un sistema di controllo migliore, un migliore utilizzo delle risorse e una migliore comprensione dei bisogni delle parti interessate. Qui potremmo far rientrare anche tutto ciò che riguarda l'innovazione e l’apprendimento. Potremmo anche ricondurre tutti i requisiti della ISO 9001 a cinque macro-requisiti che potremmo definire “di assicurazione”. L’organizzazione deve: dimostrare il proprio impegno per il raggiungimento della qualità. dimostrare di avere politiche efficaci per creare un ambiente che motivi il personale a soddisfare i bisogni e le aspettative dei clienti e i requisiti legali e i regolamenti applicabili. dimostrare di aver efficacemente tradotto i bisogni e le aspettative dei propri clienti e i requisiti legali e i regolamenti applicabili in obiettivi misurabili e raggiungibili. dimostrare di avere una rete di processi per abilitare l'organizzazione al raggiungimento di questi obiettivi nel modo più efficiente. dimostrare attraverso le misurazioni di aver raggiunto gli obiettivi che si è posta, di averli raggiunti nel modo migliore e rimanendo coerente con le esigenze e le aspettative dei suoi stakeholder. Qual è la durata della certificazione ISO 9001:2015? La certificazione ISO 9001 ha durata triennale e può essere rinnovata ripetendo il percorso sopra descritto. A fine del triennio le Aziende possono decider se rinnovare il Certificato ISO 9001 per I successivi tre anni. A cadenza annuale dalla data di prima certificazione dovranno essere effettuate le “Verifiche di Sorveglianza”. Come si evince dal termine, questa verifica annuale, si attua per evitare che l’entusiasmo iniziale che le Aziende hanno dopo aver attuato la qualità, vada via via scemando sino alla scadenza triennale del certificato. Proprio per spingere le Aziende ad un costante miglioramento e ad un riesame continuo del Sistema di Gestione Qualità si attua questa scadenza annuale dove si verificano da parte dell’Ente di Certificazione i progressi effettuati nell’implementazione e nel miglioramento del Sistema Qualità. Quali sono i principali benefici? Considerando la spesa, l’enorme mole di impegno e lavoro da parte di tutto l’organico aziendale è bene che tu sappia che tutto ciò ha degli enormi vantaggi, quali: Dimostra l’impegno dell’azienda verso la qualità e la soddisfazione dei clienti. Assicura che i prodotti e i servizi offerti dall’azienda tengano effettivamente conto delle esigenze del cliente e dei requisiti cogenti e normativi. Permette di misurare il progresso dell’azienda verso il continuo miglioramento del suo rendimento di mercato utilizzando uno standard di riferimento con cui confrontarsi. Aiuta a migliorare i risultati dell’azienda in termini organizzativi. Perché la mia organizzazione dovrebbe implementare la ISO 9001? I clienti sono la linfa vitale di qualsiasi attività. Per conservare la clientela, garantendone anche la soddisfazione, il prodotto o il servizio fornito deve rispondere alle sue esigenze. Lo standard ISO 9001 offre una struttura per intraprendere un approccio sistematico della gestione dei processi aziendali tale da soddisfare tali esigenze. Bureau Veritas offre il valore di uno specialista di Terza Parte indipendente, capace di valutare il sistema di gestione e fornire un servizio di certificazione in riferimento allo standard. Spero come sempre di averti aperto nuovi orizzonti, di averti fatto comprendere che non ci si deve mai fermare nel migliorarsi, non esiste un reale punto di arrivo, il mondo è in continua evoluzione e noi ne dobbiamo essere parte attiva e non lesa. Per qualsiasi informazione non esitare a contattarmi, sarò lieto di fornirti le risposte più esaustive possibili. Alla prossima!
- Certificazione ISO 50001: Sistema di gestione energetica
Buongiorno, Caro lettore, oggi mi piacerebbe che mi ascoltassi in modo particolare, come ben sai ogni settimana cerco di esserti vicino offrendoti un costante aggiornamento con evoluzioni o nuove normative che possono non sfiorare il tuo interesse o paradossalmente esservi al centro, dipende ovviamente dalla tipologia della tua azienda e dal cambio normativo. Oggi stranamente ciò che ho da dirti colpisce tutti i nostri clienti o potenzialmente tali, senza distinzioni. Come ben saprai questi primi mesi del 2022 sono stati caratterizzati da un sostanziale rincaro di gas ed energia elettrica che potrebbero avere un impatto negativo al portafoglio della tua azienda, così ho cercato una soluzione valida che potesse dare valore ed essere utile alla tua azienda sotto diversi punti di vista, non solo quello economico. La prima cosa alla quale ho pensato è l’efficientamento energetico in quanto a mio parere nel 2022 è bene che tutte le aziende che hanno sede in un polo fortemente industrializzato come quello Lombardo abbiano un occhio di riguardo nei confronti del nostro pianeta, definita green vision dalle giovani leve che abiteranno il globo negli anni a venire. La seconda cosa che ho pensato è stata l’ottimizzazione delle prestazioni energetiche, semplicemente organizzare le attività quotidiane in modo da renderle misurabili con il fine ultimo di venire a conoscenza di eventuali sprechi energetici. Ad unire questi due macro-pensieri mi è venuta in soccorso la ISO 50001. Cos’è la norma ISO 50001? La norma ISO 50001: Sancisce gli standard internazionali per i Sistemi di gestione dell'energia SGE. È basato su un approccio PFCA (Pianifica-Fa-Controlla-Agisci), ovvero l’implementazione di politiche energetiche corrette caratterizzate da obiettivi concreti, volti alla messa in atto di azioni mirate e, successivamente, al controllo ed alla verifica delle modalità di riduzione dell’utilizzo di energia, con l'obiettivo del miglioramento continuo. Quali sono i requisiti della norma ISO 50001? I suoi principali requisiti riguardano: L’implementazione di politiche energetiche caratterizzate da obbiettivi concreti e misurabili. L’identificazione degli usi dell’energia, individuando le aree di criticità e gli elementi che influiscono sui consumi. Previsione dei consumi e comparazione con i consumi effettivi. Inserire l’efficienza energetica all’interno delle fasi decisionali, progettazione di nuovi impianti, fornitori di materie prime e servizi. Qual è l’obbiettivo? L’obbiettivo della norma ISO 50001 è quello di permettere alle organizzazioni di realizzare e mantenere un sistema di gestione dell’energia che consente di migliorare in modo continuo la propria prestazione energetica, incrementando man mano il risparmio che si potrà poi reinvestire in altre attività. A questo punto è bene che tu mi stia a sentire perché ti voglio fornire una grande opportunità, a breve ti elencherò i vari vantaggi che puoi ottenere eseguendo questa certificazione, attività che potrai eseguire tu in prima persona, adottando le strategie da noi indicate. Solo dopo averti elencato i vantaggi, che sono proprio qui sotto, ho deciso di inserire una piccola sorpresa per te. Sono sicuro ti potrà interessare, continua con la lettura. Quali sono i vantaggi della certificazione ISO 50001? La ISO 50001 offre diversi vantaggi misurabili in termini di costi per le organizzazioni di qualsiasi dimensione e settore. Consente di ottenere uno strumento per ottimizzare sistematicamente le prestazioni energetiche e promuovere una gestione energetica più efficiente. Con una certificazione ISO 50001 le aziende sono in grado di: Maturare conoscenza del consumo energetico al proprio interno. Monitorare e ridurre (riuscendo a quantificare oggettivamente gli sforzi di riduzione) il proprio fabbisogno energetico. Valutare la conformità rispetto a vincoli legislativi e poterne così dare pubblico riscontro. Dimostrare con maggiore facilità il rispetto degli obblighi cui è sottoposta l’organizzazione (dal mondo esterno o per autodeterminazione, ovvero obblighi legislativi o impegni derivanti dalla propria politica sull’energia, ad esempio). Sviluppare in maniera credibile la propria reputazione ambientale. Solo ora, dopo che ti ho offerto una panoramica generale circa la ISO 50001, ed hai compreso che la questione ambientale è una problematica importante, che va affrontata qui ed ora per avere dei riscontri positivi in termini di prestazioni aziendali, efficientamento e risparmio, ho deciso di comunicarti ciò che ti ha spinto a leggere sino a qui. (Se purtroppo stai leggendo questo articolo dopo il 31 marzo mi spiace ma non potrai usufruire del contributo ma come ti descritto prima non esiste solo ed esclusivamente un vantaggio economico, ci sono molte atre motivazioni che ti spingeranno ad eseguire tale certificazione). Venendo a noi, la Regione Lombardia offre un contributo a fondo perduto, finalizzato a coprire il 50% delle spese ammissibili al netto dell'IVA per l'adozione del sistema di gestione ISO 50001 in ognuna delle sedi operative in cui svolgila tua personale attività lavorativa, fino ad un massimo di 10 sedi operative. Bando che resterà aperto sino al 31 marzo 2022. Per completezza di informazione ti lascio QUI il link del sito della regione Lombardia dove potrai trovare tutte le informazioni per accedere al bando. A nostro parere un’occasione da non farsi sfuggire per restare al passo con l’ambiente e l’evoluzione delle imprese del territorio Lombardo. Spero come sempre di averti comunicato qualcosa di nuovo ed interessante, si sa le opportunità vere oggi non sono molte e avere qualcuno che tiene a te e all’evoluzione della tua idea imprenditoriale, fornendoti tutto ciò di cui necessiti fa molto piacere. Per qualsiasi cosa non esitare a contattarmi! Grazie mille e alla prossima.
- Aggiornamento Covid-19: le nuove misure in vigore
Buongiorno, Caro lettore, prima di parlarti di cose noiose ci tengo a farti i migliori auguri di buon anno e spero che la ripresa non sia stata troppo traumatica, sì sa le vacanze sono belle e a volte anche troppo corte, ma prima o poi si deve tornare dietro la scrivania. Venendo a noi, ho deciso di scriverti perché in questo periodo che va dalla Vigilia di Natale al 7 Gennaio vi sono stati alcuni aggiornamenti a livello normativo in materia di prevenzione del rischio contagio da Covid-19, e giustamente, in questo periodo ti sarai informato grazie a quello che dicono i telegiornali, sicuramente ascoltati di sfuggita tra una cena e l’altra con amici e parenti, o tramite quotidiani letti per sommi capi, magari dopo una giornata di sci davanti ad una buona cioccolata calda. Ma non ti preoccupare, qui sotto troverai tutti gli aggiornamenti riassunti in modo semplice evitandoti di dover cercare in rete, garantendoti un risparmio di tempo che potrai adottare per mettere in sicurezza l’azienda ed informare i tuoi dipendenti. Decreto-Legge 24 dicembre 2021, n. 221 Art.1: Stato di emergenza prorogato fino al 31 marzo 2022. Art.3: Dal 1° febbraio 2022 la durata delle certificazioni verdi COVID-19 da nove mesi a sei mesi (aggiornamento automatico dei certificati emessi ad oggi). Art.5: È consentito esclusivamente ai soggetti in possesso della certificazione verde rafforzata COVID-19 (avvenuta guarigione, completamento ciclo vaccinale, minori di 12 anni o soggetti esenti) il consumo di cibi e bevande al banco, al chiuso, nei servizi di bar e ristorazione. Decreto-Legge 30 dicembre 2021, n. 229 Art.2: La misura della quarantena precauzionale non si applica a coloro che, nei 120 giorni (4 mesi) dal completamento del ciclo vaccinale primario o dalla guarigione o successivamente alla somministrazione della dose di richiamo, hanno avuto contatti stretti con soggetti confermati positivi al COVID-19. Ai soggetti definiti come contatti stretti è obbligatorio un periodo di auto-sorveglianza, nel quale bisogna indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo FFP2 fino al decimo giorno successivo alla data dell’ultimo contatto stretto con soggetti confermati positivi al COVID-19, e di effettuare un test antigenico rapido o molecolare per la rilevazione dell’antigene Sars-Cov-2. Se durante questi dieci giorni il contatto stretto dovesse avere dei sintomi deve effettuare due tamponi antigenici rapidi o molecolari, uno al giorno della comparsa dei sintomi e uno cinque giorni dopo, andando così a determinare o meno l’infezione da Covid-19. Decreto-Legge 07 gennaio 2022, n.1 Art.1: Obbligo vaccinale per tutti coloro che hanno compiuto i 50 anni. In caso di inosservanza dell’obbligo vaccinale, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 100,00 ai soggetti che alla data del 1° febbraio 2022: Non abbiano iniziato il ciclo vaccinale primario (1°dose). Non abbiano effettuato la dose di completamento del ciclo vaccinale primario (2°dose). Non abbiano effettuato la dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario entro i termini di validità delle certificazioni verdi (3°dose). Per l’accesso ai luoghi di lavoro ai lavoratori con 50 anni di età, a partire dal 15/02/2022, sarà necessario presentare il Green Pass Rafforzato (guarigione/vaccinazione). I lavoratori che comunichino di non essere in possesso del green pass o che risultino privi della stessa al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro sono considerati assenti ingiustificati senza retribuzione né altro compenso o emolumento Art.3: Dal 20/01/2022 è consentito esclusivamente ai soggetti in possesso di una delle certificazioni verdi COVID-19, l’accesso ai seguenti ai servizi alla persona mentre dal 01/02 scatta l’obbligo per l’accesso a pubblici uffici, servizi postali, bancari e finanziari e attività commerciali. Spero come sempre di esserti stato d’aiuto, se ci fosse qualcosa che non fosse chiaro non esitare a scrivermi o contattarmi sarò più che lieto di darti tutte le delucidazioni necessarie. Buona giornata e alla prossima!
- AUA Point: quali sono le novità?
Buongiorno. Caro lettore, benvenuto nel nostro appuntamento settimanale, oggi torniamo a parlare di AUA, dico torniamo a parlare perché già avevo dedicato un intero articolo a questo argomento, trattando appunto tutti i principali quesiti e l’iter di richiesta dell’autorizzazione unica ambientale. Se ti va di darci un occhio per capire di più di cosa parliamo oggi sappi che il link lo trovi proprio qui, oppure andando sul nostro sito nella pagina dedicata al blog. Se invece sei a conoscenza dell’argomento oggi andremo a parlare delle “nuove” DGR n. 2481 del 18/11/2019 e DGR n. 4027 del 14 dicembre 2020 che dettano le “Disposizioni per la semplificazione degli adempimenti per la comunicazione dei dati relativi ai controlli delle emissioni e degli scarichi per le attività non soggette ad autorizzazione integrata ambientale - Utilizzo applicativo «AUA POINT»”. Cos’è l’AUA point? AUA POINT è un portale creato dalla regione Lombardia in collaborazione con l’ARPA e permette alla regione di: avere un quadro generale sui dati di emissione (aria/acqua) delle imprese medio-piccole del territorio lombardo. rendere sistematica la raccolta dei dati ambientali. agevolare le comunicazioni sui dati delle messe a regime degli impianti. Lo scopo appunto, è quello di favorire la raccolta sistematica dei dati dei monitoraggi effettuati dalle Aziende in attuazione delle prescrizioni autorizzative, al fine sia di facilitare lo scambio delle informazioni tra aziende ed Enti coinvolti, sia di disporre di successive elaborazioni utili alle attività di monitoraggio ambientale e di pianificazione regionale. Chi sono le Aziende coinvolte? Le aziende potenzialmente coinvolte nella compilazione dell’applicativo sono quelle: dotate di AUA (Autorizzazione Unica Ambientale) per scarichi industriali1 (“scheda A”) e/o emissioni in atmosfera (“scheda C o D”), o di autorizzazioni settoriali ex artt. 269 o 124 del d.lgs. 152/2006; autorizzate ex art. 272 comma 2 d.lgs. 152/06 (autorizzazioni alle emissioni in via generale per le attività in deroga); autorizzate ex art.12 d.lgs. 387/03 (impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili); autorizzate ex art. 208 d.lgs. 152/06 (autorizzazione stoccaggio/trattamento rifiuti); autorizzazione ex art 8 d.lgs. 115/08 (autorizzazione unica da fonti energetiche convenzionali). Quali sono i dati richiesti nel portale AUA POINT? Vi sono scadenze? I dati da inserire sono esattamente quelli richiesti nell’autorizzazione per emissioni in atmosfera e scarichi idrici industriali. Quindi, semplificando al posto di mandare i dati emersi dalle tue analisi tramite PEC direttamente alla regione Lombardia, come sei solito fare o come noi siamo soliti fare per te, “probabilmente” dal primo di gennaio del 2022 dovrai o dovremo inserirli nel portale AUA POINT. L’inserimento viene effettuato selezionando, tra le sezioni disponibili, quelle di interesse, attraverso finestre e/o maschere che guidano alla compilazione dei dati. I dati degli autocontrolli dovranno essere inseriti secondo le scadenze previste nelle autorizzazioni e comunque entro il 1° marzo dell’anno successivo a quello del periodo monitorato; a partire da tale data i dati inseriti verranno convalidati (ovvero “bloccati”, non più modificabili) automaticamente dall’applicativo. Perché ho scritto “probabilmente” e “Nuove”? Sono sicuro che te lo sarai chiesto ed è giusto che fughi tutti i dubbi che ti ho creato. Questi termini non sono stati inseriti in modo casuale. “Nuove”, perché lo sportello virtuale AUA POINT è in funzione già dal 1 gennaio del 2020 in modo sperimentale. La sperimentazione prevista inizialmente nella DGR. 2481 del 2019 era di un anno, ma considerando che l’Italia ha subito gli effetti di una pandemia globale, come si legge nella DGR 4027 del 14/12/2020 è stato confermato l’utilizzato in modalità sperimentale anche per tutto il 2021 provvedendo contestualmente ad un aggiornamento dei criteri e modalità di compilazione dell’applicativo sulla base di quanto emerso nel primo periodo di utilizzo dello stesso. Dico “Probabilmente” perché ad oggi non si sa di per certo se il portale diverrà di obbligo utilizzo o lo stato di sperimentazione verrà prolungato ancora di un anno. Ad oggi non vi sono nuove delibere da parte della regione in tal senso, noi ci auspichiamo che prima della fine dell’anno giungano voci ben precise in merito all’obbligatorietà di utilizzo o meno di questa metodologia di condivisione dati. Alcuni rumors di settore ci dicono che appunto entrerà in vigore a tutti gli effetti andando ad annullare la modalità precedentemente utilizzata, ovvero quella tramite posta elettronica certificata. Noi come TQSA ci riserviamo di offrire come sempre il miglior servizio possibile ai nostri clienti, così abbiamo deciso di implementare, nella già vasta gamma, anche questo tipo di attività. Quindi se sei interessato, non esitare a contattarmi, troverai tutti i recapiti al fondo di questa pagina, sarò più che lieto di darti tutte le delucidazioni del caso e fornirti, perché no?! Anche tutti i dettagli del nostro servizio. Buona giornata e alla prossima!
- Appalti, Subappalti e DUVRI: tutto ciò che devi sapere
Argomentazione degli obblighi richiamati dall’art. 26 del Testo Unico su Salute e Sicurezza connessi ai contratti d’appalto, d’opera o di somministrazione. Buongiorno caro lettore, oggi ti scrivo perché ultimamente, a me ed al nostro ufficio tecnico, sono state poste parecchie domande di delucidazioni e chiarimenti in merito alla sicurezza in fase di appalto, così ho pensato potesse interessare anche te e tutti i lettori del nostro blog. In edilizia, ma così come in altri settori si è soliti cedere parte del proprio lavoro a professionisti che non fanno parte dell’organico del committente diretto, ovviamente per svariati motivi che possono essere un problema di mole di lavoro o perché si richiede una lavorazione particolare solo un tecnico specializzato è in grado di eseguire. Ma, ovviamente, la decisione di un’azienda di fare entrare altre aziende all’interno della propria, per eseguire servizi esternalizzando alcuni processi della propria attività, ha delle conseguenze in relazione agli obblighi e alle responsabilità per la tutela della sicurezza dei lavoratori. Questi sono richiamati dal Testo Unico su Salute e Sicurezza, all’articolo 26 Obblighi connessi ai contratti d’appalto, d’opera o di somministrazione. Alcune definizioni... L’appalto è disciplinato dall’articolo 1655 del Codice civile ed è definito come quel contratto con il quale un soggetto, detto appaltatore, si obbliga nei confronti di un altro soggetto, detto committente, a compiere una determinata opera o un servizio dietro corrispettivo in denaro, con propria organizzazione di mezzi e con gestione a proprio rischio. Il contratto d’opera, invece, può essere inteso come un particolare contratto d’appalto, dove l’appaltatore è una persona fisica invece di un’azienda. Il contratto di somministrazione, infine, è relativo all’esecuzione di prestazioni periodiche o continuative. Quando queste vengono svolte all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva del committente, ma anche fuori di essa, quando però queste siano eseguite nell’ambito dello stesso processo produttivo, in luoghi in cui il committente abbia la disponibilità giuridica, il datore di lavoro committente ha in carico due distinti obblighi. Subappalto, è un contratto di appalto stipulato da chi a sua volta sia appaltatore nei confronti del committente originario. L’Appaltatore, è parte "attiva" del contratto di appalto, è colui, imprenditore, che con organizzazione propria di mezzi e con proprio rischio, assume l'incarico di realizzare l'opera affidata dal committente. I soggetti responsabili Per quanto riguarda i soggetti coinvolti devi sapere che quando il committente possiede la “disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo” è identificato come datore di lavoro. Quando il committente affida i lavori a più imprese esecutrici o lavoratori autonomi tramite un contratto di subappalto, oltre ad appaltante e appaltatore, entrano in gioco anche i datori di lavoro di tali imprese, chiamati subappaltatori. Questi ultimi collaborano tra di loro alla realizzazione dell’opera finale. All'interno di un contratto di appalto, è ammessa infatti la presenza di più datori di lavoro, che, limitatamente alle loro competenze, esercitano le proprie responsabilità e cooperano tra di loro per attuare misure di prevenzione e protezione all'interno dell'area di lavoro comune e coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi a cui sono esposti i lavoratori. Obblighi datore di lavoro committente In tutti gli appalti, nel caso di affidamento di lavori o servizi relativi all'intero ciclo produttivo dell'azienda a imprese o lavoratori autonomi, gli obblighi del datore di lavoro committente sono: Verificare l’idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto, attraverso l’acquisizione dei requisiti descritti nell’art. 27 del D.lgs. 81/2008, e fornire agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività; Elaborare un Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenziali (DUVRI); Munire il personale dell’impresa appaltatrice o subappaltatrice di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro. Tale compito spetta anche ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, e sono tenuti a provvedervi per conto proprio. Modalità di verifica idoneità La verifica viene eseguita attraverso le seguenti modalità: acquisizione del certificato di iscrizione alla Camera di Commercio, Industria e Artigianato acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale, ai sensi dell'articolo 47 del D. Lgs. 81/2008 Elaborazione Duvri Ricorda, se non ci sono interferenze il DUVRI non deve essere stilato. Qualora il datore di lavoro non coincidesse con il committente, il soggetto che affida il contratto redige il DUVRI, il quale verrà firmato dall’esecutore per accettazione e allegato agli atti contrattuali, poiché l’appaltatore dovrà espletare le attività ivi previste. E' un documento dinamico che dovrà essere aggiornato ogni qualvolta si introduca una modifica di carattere tecnico, organizzativo o logistico, e soprattutto in fase di esecuzione del contratto. Il DUVRI, quindi, contiene: la definizione delle misure da adottare per eliminare o ridurre i rischi da interferenze; le modalità di cooperazione, coordinamento ed informazione da applicare al fine di proteggere i lavoratori ed eliminare i rischi. La legge non lo specifica, ma è comodo che il DUVRI integri le dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività. Il comma 5 dell’articolo 26 stabilisce che i contratti di appalto debbano indicare i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni specificando inoltre che questi non sono soggetti a ribasso. Si deve quindi riflettere che gli oneri della sicurezza, che a prima vista sembrano essere una trovata molto brillante, in realtà sono la misura dell’insicurezza del lavoro: tanto più sono alti, tanti più pericoli non sono stati gestiti con mezzi più efficaci. Sanzioni per datore di lavoro committente Ultime ma non meno importanti sono le sanzioni previste per il mancato rispetto degli obblighi da parte del datore di lavoro committente: Mancata verifica idoneità tecnico-professionale: arresto da due a quattro mesi o ammenda da 1.096,00€ a 5.260,80 € Mancata informazione sui rischi esistenti nell’ambiente: arresto da due a quattro mesi o ammenda da 822,00 € a 4.384,00 € Mancata collaborazione e coordinamento tra i datori di lavoro delle varie imprese: arresto da due a quattro mesi o ammenda da 1.644,00 € a 6.576,00 € Mancato utilizzo della tessera di riconoscimento: sanzione amministrativa pecuniaria da 109,60 € a 548,00 € per ciascun lavoratore Spero come sempre di esserti stato d’aiuto e di aver fugato i tuoi dubbi, se invece c’è ancora qualcosa che ritieni sia non chiaro, scrivimi pure senza problemi sarò più che lito di risponderti e spiegarti tutto passo per passo. Colgo come sempre l’occasione per salutarti ed augurarti una buona giornata. Alla prossima!
- Lavorare al freddo: quali sono i rischi?
Buongiorno caro lettore, come avrai potuto constatare tu stesso da alcune settimane a questa parte, il clima sta diventando sempre più rigido, logicamente con la successione delle stagioni andremo via via ad avere temperature sempre più basse, ed è bene che si valutino i rischi del lavorare in ambienti in cui le temperature sono piuttosto severe. Prima di affrontare l’argomento odierno è bene che si faccia una distinzione; infatti, vi sono ambienti severi caldi e ambienti severi freddi, dovuti alle stagioni che caratterizzano l’anno solare, per chi svolge lavori all’aperto, oppure dal tipo di settore per chi svolge la propria attività lavorativa in un luogo chiuso. Il rischio da stress termico si presenta quando il sistema di termoregolazione dell’organismo umano è sottoposto ad un impegno gravoso al fine di mantenere il necessario equilibrio termico (omeotermia) sia in ambienti con alte che con basse temperature. Cosa vuol dire lavorare al freddo? Non esistono parametri scientifici per definire quando un individuo percepisce freddo. La sensazione del freddo dipende da vari fattori, ma, in linea generale, si può definire lavoro al freddo quello svolto a temperature inferiori a 15° soprattutto se riguarda lavori sedentari e che implicano minimi movimenti; in queste condizioni la sensazione di disagio percepita dai lavoratori dipende dalle differenze individuali. Di contro, per lavori che si svolgono a temperature inferiori ai 5°, e in particolare per tutte operazioni svolte a temperature sotto lo zero, il rischio che il lavoratore corre è immediato, grave e da valutare con la massima attenzione. La sensazione del freddo varia inoltre a seconda di una serie di fattori ambientali e di differenze di percezione individuali, possono verificarsi situazioni particolari anche con venti più o meno forti o situazioni di umidità, entrambe i fenomeni tendono ad aumentare la percezione del freddo. In estrema sintesi può essere considerato un ambiente di lavoro freddo quello in cui la perdita termica è superiore a quella che si osserva abitualmente. Lavorare al freddo è dannoso per la salute? Anche per questo aspetto si rilevano molte varianti. Alcuni danni sono direttamente provocati dall’esposizione al freddo, altri sono conseguenze indirette del lavoro in ambienti freddi. Tra queste ultime per esempio sono diffusissime in questo periodo dell’anno le cadute su ghiaccio o incidenti dovuti alla perdita di sensibilità provocata dal freddo. I disturbi provocati direttamente dall’esposizione al freddo sono di carattere locale e generale. A carattere locale il lavoro al freddo può provocare vari disturbi agli arti che vanno dalla semplice perdita di sensibilità a geloni. A livello generale i rischi sono molto più gravi perché chi lavora al freddo è esposto a rischio ipotermia, un disturbo per cui l’individuo non è più in grado di regolare la sua temperatura interna e che può aver conseguenze drammatiche quali alterazioni dello stato di coscienza, coma e anche decesso. Molto diffusi anche tra i lavoratori che lavorano a besse temperature i disturbi all’apparato muscoloscheletrico. Quali sono le professioni più a rischio? Le attività lavorative più rischiose riguardano: Lavori in locali mantenuti a basse temperature; Lavori effettuati all’esterno; Lavori effettuati in altitudine; Lavori effettuati in acque fredde. Gli addetti alla preparazione, stoccaggio e trasporto di prodotti delle industrie agroalimentari lavorano in ambienti le cui temperature possono andare dai -20° ai 12°. Questi lavoratori devono prendere tutte le precauzioni possibili per limitare l’esposizione al freddo intenso stabilendo opportuni turni di lavoro e adottando i necessari dispositivi di protezione personale. Tecnici, muratori, agricoltori, trasportatori e molti altri si trovano a lavorare all’estero in inverno con temperature che possono toccare anche il sottozero. Inoltre, per questi lavoratori sono esposti a ulteriori fattori di rischio ambientale quali la presenza di vento, pioggia, neve e ghiaccio. Questi lavoratori devono proteggersi adeguatamente attraverso capi di vestiario adatti che li tengano al caldo senza provocare una eccessiva sudorazione. Chi deve lavorare a grandi altitudini (personale di impianti sciistici, manutentori, guide d’alta montagna, guardie di frontiera, ecc) oltre all’ipotermia deve proteggersi dall’ipossia, la carenza di ossigeno nel sangue data dalla rarefazione dello stesso nell’aria di alta montagna. L’organismo è quindi già debilitato dall’affrontare questo stress fisico ed ha minori energie per contrastare il freddo e mantenere la temperatura interna stabile. L’organismo umano ha una bassissima capacità di sopravvivenza in acqua fredda. Basti pensare che un uomo può sopravvivere in acque calme alla temperatura di 18° per sole 4 ore circa. Chi lavora in acqua fredda (ad esempio soccorritori, sommozzatori, addetti alla riparazione manutenzioni di strutture sottomarine) deve quindi lavorare sotto strettissima sorveglianza, con protezioni idonee e per periodi di lavoro brevissimi. Come valutare il rischio da stress termico per gli ambienti severi freddi? La norma UNI EN ISO 15743:2008 (Ergonomia dell'ambiente termico - Posti di lavoro al freddo - Valutazione e gestione del rischio) fornisce uno strumento pratico per valutare e gestire il rischio nei posti di lavoro al freddo e comprende modelli e metodi per la valutazione e la gestione del rischio, un elenco di controlli per identificare i problemi legati al lavoro al freddo, un metodo ed un questionario utilizzabili dai medici per identificare i lavoratori che presentano sintomi tali da aumentare la sensibilità al freddo e migliorare la protezione individuale. La norma è applicabile alle situazioni di lavoro sia all'interno sia all'esterno, compreso quello svolto all'interno dei veicoli e il lavoro esterno sotto la superficie terrestre e in mare, ma non è applicabile alle immersioni o ad altri tipi di lavoro svolti in acqua. Spero come sempre di esserti stato d’aiuto, questo è un rischio molto semplice ma che può causare malattie temporanee ma anche problemi molto più seri, quindi da non prendere assolutamente alla leggera. Alla prossima!!
- Rischio di genere: cos'è? Come si valuta?
Buongiorno gentile lettore, come annunciato nella scorsa chiacchierata (che se ti sei perso ti consiglio di recuperare qui) oggi è un giorno molto importante, è esattamente un anno che il blog è attivo e dispensa consigli utili e curiosità inerenti al mondo della sicurezza, il tutto con un taglio leggero e adatto a chiunque voglia approfondire tematiche ritenute noiose ai più. Come ti avevo anticipato, ci sarebbe stata una sorpresa, ed è proprio così. Ovviamente come avrai potuto constatare tu stesso dal titolo la sorpresa sta proprio nell’argomento che tratteremo oggi; infatti, tratteremo di uno dei temi più caldi e sensibili degli ultimi anni: Il rischio di genere. Perché abbiamo deciso di trattare tale argomento? La risposta è semplice, noi come Team di TQSA crediamo che le donne debbano essere tutelate per quella che è la loro indole femminile nello svolgere l’attività lavorativa giornaliera, e ci piacerebbe per quel che possiamo sensibilizzare anche il nostro piccolo grande pubblico. Il rischio di genere è un rischio molto recente basti pensare che 50, 60 anni fa il ruolo della donna all’interno della società era solitamente quello della casalinga, e svolgeva attività semplici che non prevedevano rischi particolari. Fortunatamente negli ultimi 30 anni, complice la globalizzazione e l’evoluzione del pensiero dell’uomo, la donna ha avuto sempre più spazio all’interno della società, andando a ricoprire ruoli di tutto successo; Infatti, molte sono le donne che gestiscono aziende, governano stati, salvano vite, ovviamente questi gli esempi di massima rilevanza sociale, ma vi sono anche molte che tutti giorni si recano sul proprio posto di lavoro in fabbrica, negli uffici. L’organismo internazionale EU-OSHA raccolto il maggior numero di dati possibili, andando a focalizzare quali sono i settori in cui le donne sono più coinvolte al fine di sensibilizzare tali attività riguardo le differenze di genere per la sicurezza di entrambe. Come potrai immaginare uomo e donna hanno attitudini diverse e comportamenti diversi, caratteristici del nostro sesso, di conseguenza generalizzare facendo delle valutazioni dei rischi che non scindono tali comportamenti potrebbe comportare un pericolo per entrambe. In concreto come si presentano le differenze di genere? Gli uomini e le donne possono essere esposti a rischi diversi, come dicevamo poco fa, e logicamente risponderanno diversamente alla stessa esposizione al rischio. Differenti ruoli sociali e relativi carichi lavorativi possono influenzare l’esposizione al rischio, questo significa che vi sono delle differenze dovute all’ideologia popolare tant’è che diverse ricerche condotte sulla diversità di genere evidenziano che le donne: Sono chiamate allo svolgimento di determinate funzioni lavorative Tentano di mantenere un equilibrio tra la dimensione professionale e quella famigliare Sono presenti in numero inferiore nei management aziendali Sono impegnate in attività lavorative ritenute erroneamente sicure e di facile esecuzione Quindi, ciò che si evince da questi dati è che, eseguire una valutazione dei rischi con differenziazione di genere è, e sarà sempre più necessaria all’interno del tessuto aziendale italiano e internazionale. Quali sono i vantaggi di un ambiente di lavoro inclusivo? Un ambiente lavorativo nel quale le differenze di genere vengono valutate correttamente presenta diversi vantaggi sia per l’azienda che per i lavoratori, quali: Una maggiore capacità di gestione del rischio, la cui esposizione è maggiormente mirata alle specifiche del soggetto Riduzione dello stress lavoro correlato individuale, solitamente causato dallo squilibrio delle attitudini soggettive e la tipologia di rischio Una notevole spinta all’innovazione, con team di lavoro misti che favoriscono la creatività e l’efficienza. Come può agire il datore di lavoro Una volta compresi i benefici, il datore di lavoro ha una grande responsabilità nella limitazione dell’impatto delle differenze di genere, le strategie che decide di adottare, avranno un impatto sul medio-lungo periodo in termini di salute dei lavoratori e di qualità del lavoro, il che si traduce in una migliore produttività e benessere generale di tutto l’ambiente lavorativo. Prima ti citavo EU-OSHA, che è che è l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, e secondo loro il datore di lavoro: Deve attivarsi per rendere alcune attività più semplici e sicure Può dare rilevanza alla questione di genere inserendola nel documento di valutazione dei rischi Deve formulare valutazioni oggettive basandosi su analisi e dati concreti non su presupposizioni e percezioni a volte stereotipate. Può aiutare i propri dipendenti inserendo la possibilità di avere un orario di lavoro flessibile in modo da gestire al meglio sia il contesto famigliare che quello lavorativo Può coinvolgere figure femminili nella decisione di attuare misure riguardanti la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro Spero che questo speciale ti sia piaciuto, ovviamente siamo solo all’inizio di questo percorso insieme e spero di proseguire il più possibile con questa fantastica rubrica, ma un anno lo considero già un bel traguardo. Ciao e alla prossima!
- Stress lavoro correlato: Cosa significa?
Lo stress lavoro correlato è un rischio lavorativo spesso definito “di nuova generazione”, non tanto perché maggiormente presente oggi rispetto al passato, ma soprattutto per la maggior consapevolezza della sua presenza e degli effetti che determina sulla salute e benessere dei lavoratori, questo grazie ad uno sviluppo nella ricerca di tale rischio sempre più serio favorito dalla maggior presenza di casi reali. Diverse ricerche, infatti, hanno evidenziato la ricaduta economica del rischio stress lavoro correlato sulle aziende e sulle economie nazionali. Qual è la definizione di stress lavoro correlato? In realtà non vi è una sola definizione ma ben sì 3, e ora andiamo a vederle nello specifico. La prima la possiamo individuare nell’Accordo Europeo sullo Stress da Lavoro Correlato del 8 ottobre 2004, lo stress è definito come: “Uno stato che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali e che deriva dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti. L’individuo è capace di reagire alle pressioni a cui è sottoposto nel breve termine, e queste possono essere considerate positive, ma di fronte ad una esposizione prolungata a forti pressioni egli avverte grosse difficoltà di reazione”. La seconda ce la fornisce il NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health) che definisce lo stress lavoro correlato come: “un insieme di reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifestano quando le richieste lavorative non sono commisurate alle capacità, alle risorse o alle esigenze dei lavoratori”. Anche l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA) definisce lo stress lavoro correlato considerando alcuni aspetti legati all'attività lavorativa: “lo stress si manifesta quando le persone percepiscono uno squilibrio tra le richieste avanzate nei loro confronti e le risorse a loro disposizione per far fronte a tali richieste”. È obbligatoria la valutazione stress lavoro correlato? Sì, dal 31/12/2010 la valutazione del rischio stress lavoro correlato è obbligatoria per legge. Come previsto dall’art. 28 del D.Lgs. 81/08, il datore di lavoro ha l’obbligo di valutare tutti i rischi, tra i quali anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato. Come fare la valutazione del rischio stress lavoro correlato? La metodologia per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato si articola in due fasi: VALUTAZIONE PRELIMINARE VALUTAZIONE “DETTAGLIATA” La valutazione del rischio stress lavoro correlato viene svolta per “gruppi omogenei” di lavoratori presenti in azienda. La valutazione preliminare è articolata in due momenti principali: 1. analisi degli eventi sentinella 2. rilevazione e analisi degli indicatori di Contenuto e di Contesto del lavoro. Quali sono gli eventi sentinella del rischio stress lavoro correlato? Gli eventi sentinella della presenza di stress lavoro correlato vanno individuati nell’andamento nel tempo dei seguenti indici: infortuni sul lavoro assenze per malattia turnover procedimenti e sanzioni segnalazioni del Medico Competenze lamentele formalizzate da parte dei lavoratori. Cosa sono gli indicatori di stress lavoro correlato di contenuto e di contesto? Gli indicatori di “Contenuto” relativi al rischio stress lavoro-correlato si riferiscono ai seguenti aspetti: ambiente di lavoro e attrezzature carichi e ritmi di lavoro orario di lavoro e turni corrispondenza tra le competenze dei lavoratori e i requisiti professionali richiesti Gli indicatori di rischio stress lavoro correlato riferiti al “Contesto” sono riconducibili ai seguenti aspetti: ruolo nell’ambito dell’organizzazione autonomia decisionale e controllo conflitti interpersonali al lavoro evoluzione e sviluppo di carriera comunicazione La raccolta delle informazioni sugli indicatori di contenuto e di contesto, necessarie per effettuare la valutazione del rischio stress lavoro correlato, viene effettuata per mezzo di riunioni con focus group, composti da: RSPP, RLS, ed il Medico Competente, nonché dai responsabili e lavoratori individuati dall’azienda. Le informazioni vengono raccolte attraverso una lista di controllo che valorizza i dati inseriti, restituendo un indicatore di rischio stress lavoro correlato. Al termine di questo livello di valutazione verrà elaborato un documento in cui si evidenzierà se vi è presenza di rischio di stress lavoro correlato significativo e le eventuali misure di miglioramento ritenute necessarie. Cos’è e come si effettua la valutazione del rischio da stress lavoro correlato “dettagliata”? La fase di valutazione del rischio stress lavoro-correlato “dettagliata” è finalizzata alla rilevazione delle percezioni dei lavoratori sugli aspetti di Contenuto e di Contesto del lavoro connessi con il rischio stress lavoro correlato e va obbligatoriamente intrapresa qualora l’esito della valutazione preliminare abbia rilevato la presenza. Gli strumenti da adottare nella valutazione dettagliata del rischio stress lavoro correlato possono essere: · questionari · focus group · interviste semi-strutturate La fase approfondita richiede il coinvolgimento di figure, anche esterne all’azienda, in possesso delle adeguate competenze necessarie per utilizzare correttamente gli strumenti di raccolta dati. Una volta conclusa la fase di valutazione dettagliata, è essenziale prevedere una restituzione dei risultati ai lavoratori al fine di informarli sulla situazione emersa e dei passi da compiere successivamente, favorendone la comprensione dell’utilità del percorso attuato. Qual è l’impatto dello stress lavoro correlato nelle aziende? L’impatto dello stress in azienda è traducibile, ovviamente, in un danno di natura economica. Si pensi ad esempio: al costo per la gestione delle conseguenze di stress lavoro correlato causate da assenteismo e malattie. al costo per il “presenzialismo”, cioè la presenza prolungata ma improduttiva in azienda del lavoratore, conseguente allo stress. Ai costi per la gestione dei procedimenti giudiziari. Danni di immagine tradotti in perdita di credibilità sul mercato. Quali sono le difficoltà nell’ affrontare lo stress lavoro correlato? Diverse sono le difficoltà da affrontare per la gestione del rischio stress lavoro correlato in azienda. Vediamo le principali: Innanzitutto, vi è un “muro” di tipo culturale spesso, viene ritenuto non rilevante né prioritario dagli stessi vertici aziendali. Altro aspetto è la gestione dello stress che avviene quasi esclusivamente, tramite cure mediche. Questo approccio non sposa la politica di prevenzione che dovrebbe adottare il datore di lavoro, che invece dovrebbe essere, finalizzata ad intervenire sull’organizzazione per ridurre quegli elementi di contenuto e di contesto. Quali sono le sanzioni civili e penali per i datori di lavoro inadempienti? “L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. La mancata valutazione del rischio da stress lavoro correlato comporta una sanzione a carico del datore di lavoro che è pari all’arresto da tre a sei mesi o un’ammenda da € 3.071,27 a € 7.862,44. Questi importi sono soggetti a periodici adeguamenti. Grazie come sempre per aver letto l’informativa settimanale, colgo l’occasione per augurarti un felice e divertente Halloween 🎃
- Chi è il preposto per la sicurezza?
Per definire la figura professionale del preposto possiamo richiamare la definizione tratta dall’art. 2 del D. Lgs. 81/08 che definisce il preposto per la sicurezza come: “la persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”. Quindi... Il preposto per la sicurezza è una persona che svolge le funzioni proprie del “capo”, cioè: sovrintende alle attività lavorative svolte dai lavoratori, garantisce l'attuazione delle direttive ricevute dal dirigente o dal datore di lavoro, controlla la corretta esecuzione delle direttive stesse da parte dei lavoratori. Il preposto per la sicurezza assolve, quindi, ad una funzione organizzativa, in base al settore nel quale l’azienda opera lo stesso avrà sempre la stessa responsabilità ma verrà definito con nomenclature differenti. Per esempio, negli uffici, nei cantieri, nelle officine, nelle squadre di manutenzione, ecc. e coincide con quei soggetti chiamati: capo squadra capo produzione capo linea capo reparto capo turno capo cantiere Il preposto ha potere di iniziativa, ciò permette di attuare una dinamica collaborativa atta a garantire la massima sicurezza possibile, il che gli impone di attivarsi in qualsiasi situazione per garantire la sicurezza degli altri lavoratori. Il preposto, infatti, assume un ruolo di “garante” della sicurezza e della salute degli altri lavoratori. Quali sono gli obblighi del preposto per la sicurezza? Gli obblighi del preposto, in materia di sicurezza sul lavoro, sono indicati dall’art. 19 del D.lgs. 81/2008 e sono: SOVRINTENDERE E VIGILARE sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti; VERIFICARE affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico; RICHIEDERE l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa; INFORMARE il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione; ASTENERSI salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato; SEGNALARE tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta; FREQUENTARE appositi corsi di formazione. Quali sono le responsabilità del preposto sulla sicurezza? E quali le sanzioni? Nei confronti del preposto per la sicurezza si possono accertare responsabilità sia civili che penali. In particolare, l’articolo 56 del D.lgs. 81/2008 prevede per il preposto per la sicurezza sanzioni in caso di violazione degli obblighi previsti a suo carico (individuati nell’art. 19 del D. Lgs. 81/08 precedentemente riportato). I reati contravvenzionali indicati nel D. Lgs. 81/08 per il preposto prevedono: l’arresto da uno a tre mesi e/o multe che possono variare, in base alle violazioni, da € 300 a € 2.000 (questi importi vengono periodicamente variati per adeguarli alla perdita di valore del denaro nel tempo). Il preposto come può dimostrare di adempiere ai propri obblighi? E come può segnalare ai propri superiori mancanze o malfunzionamenti dei dispositivi di sicurezza? Il preposto per la sicurezza, per tutelarsi di fronte ad eventuali “accuse”, deve dimostrare di aver adempiuto all’incarico ricevuto. Uno dei modi più efficaci per dimostrare di aver assolto al proprio incarico è quello di ricorrere alle “segnalazioni scritte”, i casi più noti sono: la segnalazione di lacune, malfunzionamenti, manomissioni dei dispositivi di sicurezza delle macchine o dei dispositivi protezione individuali (DPI) e/o collettivi (DPC); Il mancato rispetto delle disposizioni o dei regolamenti aziendali da parte di un lavoratore. Se sei preposto e ti trovi in una di queste due situazioni ti consigliamo di crearti un modulo dedicato con dei processi fissi, tipo una checklist, che può essere compilata in modo “meccanico” così facendo il tuo controllo sarà più minuzioso e potrai concentrarti sui dettagli, che si sa fanno la differenza, e non sul redigere un modulo complesso che lascia spazio a dubbi o perplessità. Make it simple. Il preposto deve essere nominato per svolgere il proprio ruolo? In generale, la legge non impone necessariamente che il datore di lavoro incarichi o nomini formalmente il preposto per la sicurezza, né che tale figura debba essere presente in ogni organizzazione e in ogni azienda. In alcuni casi specifici la legge prevede la presenza del preposto per lo svolgimento di alcune attività specifiche. Ma cosa deve contenere la nomina del preposto per la sicurezza? La legge non dà indicazioni in tal senso, ma come per tutti gli incarichi, anche in questo caso è necessario riportare almeno: le generalità del preposto incaricato; i compiti attribuiti e i relativi poteri; la data di nomina; la firma di accettazione da parte del preposto incaricato. Per scoprire come incaricare il preposto per la sicurezza: In materia di salute e sicurezza del lavoro, per identificare i soggetti che rivestono ruoli di garanzia, come il datore di lavoro, il dirigente e il preposto, ciò che ha rilevanza sono le effettive attività svolte. Si parla cioè di “preposto di fatto”, qualora un soggetto assuma tale ruolo, anche in assenza di una nomina formale. Chi è il preposto di fatto? Il “preposto di fatto” è colui che, sebbene privo di investitura, eserciti nella realtà aziendale i poteri e le funzioni tipiche del preposto ed è riconosciuto dai colleghi come tale. Tale figura è chiaramente prevista dall’art. 299 del D. Lgs. 81/08. Il preposto di fatto assume così la medesima responsabilità del preposto cosiddetto “di diritto”, ossia colui al quale sia stato conferito formale incarico. Insomma, se in azienda vi è qualcuno riconosciuto dagli altri lavoratori come un “capo”, questi è di fatto un preposto. Nell’ipotesi di violazione della normativa antinfortunistica la presenza di un preposto di fatto non esonera da responsabilità il preposto formalmente designato sebbene questi, in realtà, potrebbe anche non svolgere le proprie mansioni. È obbligatoria la formazione in capo al preposto? Come per ogni altra figura chiave sulla sicurezza sul lavoro anche il preposto, a norma dell’art. 37 D.lgs. 81/2008, deve ricevere un’adeguata e specifica formazione e relativo aggiornamento quinquennale, il cui percorso formativo è individuato sempre dall’Accordo Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano del 21/12/2011. Si può ravvisare, quindi, un obbligo di formazione in capo al datore di lavoro ed un corrispondente diritto in capo al preposto. Quali sono le caratteristiche e gli argomenti della formazione per preposti? Chi assume il ruolo di preposto deve seguire, oltre al percorso di formazione sulla salute e sicurezza per lavoratori, anche una “formazione aggiuntiva” sulla sicurezza per preposti. Tale corso, presenta una durata di almeno 8 ore e deve trattare i seguenti argomenti: Principali soggetti del sistema di prevenzione aziendale: compiti, obblighi, responsabilità. Relazioni tra i vari soggetti interni ed esterni del sistema di prevenzione. Definizione e individuazione dei fattori di rischio. Incidenti e infortuni mancati. Tecniche di comunicazione e sensibilizzazione dei lavoratori, in particolare neoassunti, somministrati, stranieri. Valutazione dei rischi dell'azienda, con particolare riferimento al contesto in cui il preposto opera. Individuazione misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione. Modalità di esercizio della funzione di controllo dell'osservanza da parte dei lavoratori delle disposizioni di legge e aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, e di uso dei mezzi di protezione collettivi e individuali messi a loro disposizione. Quale formazione di aggiornamento sulla sicurezza deve svolgere il preposto? Oltre ai percorsi formativi sulla sicurezza sopra richiamati, l'Accordo Stato Regioni del 21/12/2011 prevede che i Preposti frequentino corsi di aggiornamento periodici. Nello specifico, il percorso formativo di aggiornamento per Preposti deve prevedere almeno 6 ore di formazione sulla sicurezza ogni 5 anni. E nei cantieri edili, quale formazione deve deve ricevere il preposto "capocantiere"? L’art. 97 del D. Lgs. 81/08 impone al datore di lavoro dell’impresa affidataria di: Verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l’applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del Piano di Sicurezza e Coordinamento; Coordinare gli interventi di organizzazione della Sicurezza del Cantiere tra le imprese esecutrici; Verificare la congruenza dei Piani Operativi di Sicurezza (POS) delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei suddetti Piani Operativi di Sicurezza al coordinatore per l’esecuzione. Lo stesso articolo impone che per lo svolgimento delle attività di cui al presente articolo, il datore di lavoro dell’impresa affidataria, i dirigenti e i preposti devono essere in possesso di adeguata formazione, intendendo con ciò che la formazione del Capocantiere deve essere specifica per lo svolgimento del suo ruolo nel contesto dei cantieri temporanei e mobili. Come sempre spero di esserti stato d’aiuto, la figura del preposto è molto importante ed è giusto che sia ben chiara a tutti lavoratori e datori di lavoro. Grazie mille per essere passato 😉 Buona giornata!
- Movimentazione manuale dei carichi o MMC: ecco cosa devi sapere
Buongiorno caro lettore, oggi parliamo di movimentazione manuale dei carichi, ma non scriverò il solito articolo, bensì ho deciso di rendere l’approfondimento un pelo più dinamico e stuzzicante, ponendo nove quesiti che vanno a riassumere un po’ tutto il panorama della movimentazione manuale dei carichi. Buona lettura. 1) Cosa si intende con movimentazione manuale dei carichi? Per movimentazione manuale dei carichi si intendono tutte quelle attività che comportano: il sollevamento la deposizione la spinta il tiraggio lo spostamento di un “grave” ossia di un oggetto che ha una propria massa e quindi soggetto a forza di gravità, di conseguenza le azioni appena citate possono essere dannose per la salute dell’uomo e tale rischio deve essere valutato considerando: le azioni di sollevamento e trasporto degli oggetti le azioni di spinta o traino ed i movimenti ripetuti (ossia quei movimenti a basso sforzo che vengono eseguiti quotidianamente in modo reiterato, caratteristici delle catene di montaggio). 2) Cosa dice il D.lgs. 81/08 in merito? L’art. 168 stabilisce che il datore di lavoro, deve valutare, possibilmente anche in fase di progettazione, le condizioni di sicurezza e di salute connesse alle attività di movimentazione manuale dei carichi. Per eseguire una corretta valutazione dei rischi il datore di lavoro deve garantire, ove applicabili: Norme tecniche Buone prassi Linee guida 3) Quali sono i rischi per la salute dell’uomo generati dalla MMC? La movimentazione manuale dei carichi potrebbe causare gravi problemi all’apparato muscolo scheletrico, più specificatamente se si eseguono continue operazioni di sollevamento o movimentazione a risentirne potrebbe essere il rachide lombare, che in poche parole è la sezione che comprende le prime cinque vertebre sopra i glutei, ed hanno la funzione di sorreggere tutta la colonna vertebrale. Un altro rischio connesso alla movimentazione manuale dei carichi sta proprio nell’oggetto in movimento, che, in base alle sue caratteristiche potrebbe causare: Tagli o ferite Ustioni Cadute dovute all’impossibilità di vedere ostacoli presenti sul percorso L’urto con altri oggetti scatenando degli effetti a catena. 4) Come si calcola il rischio da movimentazione manuale dei carichi? Per calcolare il rischio da MMC vi sono tre metodi principali che sono il NIOSH, OCRA e Snook Ciriello, tali metodologie, appunto, sono stati recepiti da tre norme presenti nel D. lgs. 81/08 che ne fanno comprendere le differenze, quali: La UNI-ISO 11228-1 valutazione del rischio per attività di sollevamento e trasporto La UNI-ISO 11228-2 valutazione del rischio per attività di traino e spinta La UNI-ISO 11228-3 valutazione del rischio per attività legate a movimenti ripetuti Quindi... 5) Come si calcola il rischio da MMC per attività di sollevamento e trasporto? Per calcolare il rischio da movimentazione manuale dei carichi da sollevamento e trasporto, la norma UNI ISO 11228-1 suggerisce il metodo NIOSH, che consiste nel confrontare per ogni compito di sollevamento, il peso sollevato con il peso limite raccomandato. In soldoni, il procedimento previsto dalla norma consiste nel calcolare il peso sollevabile in condizioni di sicurezza, a partire da un peso massimo sollevabile in condizioni di ideale ergonomia, l’indice ottenuto, viene ridotto introducendo i fattori di rischio. Che sono: La massa del carico, da spostare e quindi da sollevare (più pesante è il carico tanto maggiore sarà lo sforzo e quindi il rischio nel trasporto) Altezza dal suolo dal quale il carico viene prelevato (condizione ideale fissata a 90 cm, oltre potrebbe creare problemi di postura in fase di prelievo) Spostamento verticale con il carico durante il sollevamento Rotazione del busto Frequenza di attività di spostamento manuale di carichi Temperature basse Superfici scivolose Superfici con ostacoli o dislivelli Dimensioni del carico, che può impedire la visibilità Baricentro del grave non stabile Superfici di contatto troppo calde o troppo fredde. 6) Come si solleva correttamente un carico? L’attività di sollevamento di un carico è ovviamente un’azione delicata ed è di fondamentale importanza eseguirla correttamente, se svolta in maniera errata si vanifica tutto il lavoro svolto per l’identificazione del rischio. Infatti, secondo la normativa è bene che i dipendenti vengano formati sia in modo teorico che pratico. Ecco come si solleva un carico: Avere una posizione di partenza ben stabile con i piedi sul suolo Avere il carico ben saldo tra le mani, possibilmente con entrambe Sollevare il carico da una posizione accovacciata, se il carico si trova poggiato al suolo Sollevare il carico con la schiena retta e distesa concentrando lo sforzo sulle gambe Tenere il grave il più possibile vicino al corpo 7) Quali sono i limiti di peso movimentabili? Secondo la tabella riportata nella norma UNI-ISO 11228-1 che presenta le masse di riferimento, (ciò significa che le persone che eseguono l’azione di movimentazione manuale dei carichi sono protette dal rischio) sono: Per uomini con età compresa tra i 18 e i 45 anni la massa di riferimento è di 25kg Per uomini con età minore ai 18 anni o superiore ai 45 la massa di riferimento e di 20kg Per donne con età compresa tra i 18 e i 45 anni la massa di riferimento è di 20kg Per donne con età minore ai 18 anni o superiore ai 45 la massa di riferimento e di 15kg Se un lavoratore dovesse essere solito sollevare più di quanto consentito dalle masse di riferimento bisognerebbe eseguire delle azioni correttive in modo da evitare patologie future. 8) Come si calcola il rischio da MMC per attività di traino e spinta? La valutazione di tale rischio viene individuata nella norma UNI-ISO 11228-2 attraverso il metodo di Snook Ciriello. Metodologia che si basa prettamente sul confronto, infatti, basta prendere i dati in proprio possesso ottenuti tramite una misurazione eseguita per mezzo di un dinamometro e confrontarli con le tabelle di Snook Ciriello che contengono dei parametri raccomandati, per verificare se l’operatore sta eseguendo un’azione di traino consentita o no. 9) Come si calcola il rischio da MMC per attività che prevedono movimenti ripetuti? Eseguire una valutazione di tale rischio è molto importante in quanto le patologie che comporta tale rischio sono un’immediata sensazione di affaticamento degli arti superiori e conseguente diminuzione di produttività. La metodologia di individuazione di tale rischio si basa sulla norma UNI-ISO 11228-3 e la norma ISO TR 12295 e si divide in due fasi: La prima si basa sulla compilazione di una check list presentata nella norma ISO TR 12295. Nella seconda fase si passa al metodo OCRA (Occupational Ripetitive Actions) che sostanzialmente prevede l’analisi video dei lavoratori alle prese con le loro attività quotidiane e la verifica di eventuali anomalie. Spero con questi approfondimenti di farti appassionare un minimo alla sicurezza sul lavoro, sono delle brevi pillole, che riassumo il nostro lavoro e ciò che realmente andiamo a verificare in aziende come la tua, per garantire a tutti sempre la massima sicurezza. Colgo l’occasione per augurarti una buona giornata e ci vediamo alla prossima con un nuovo articolo!
- Morti sul lavoro: un settembre da incubo
Dodici vittime in due giorni, questo è il bilancio delle morti sul lavoro durante l’ultima settimana di un settembre costellato da incidenti. Il premier Mario Draghi ha dedicato la primissima parte della sua conferenza sulla Nadef al triste elenco dei morti delle ultime 48 ore, a cui si è aggiunto un operaio morto nel Reggiano intorno alle 14, dopo una caduta da circa 10 metri d’altezza mentre stava lavorando alla manutenzione del tetto e un agricoltore nel Cuneese. Un elenco sul quale il capo del governo si è soffermato esprimendo «il più sentito cordoglio» suo e del governo. «La questione delle morti sul lavoro assume sempre più i contorni di una strage che funesta l’ambiente economico e psicologico del Paese», è stata la netta posizione di Draghi. Il bilancio delle vittime Il premier è corso ai ripari annunciando, già per la prossima settimana, un provvedimento che andrà innanzitutto a modificare tempistica e rigidità delle pene per i responsabili. Poche ore prima della presentazione del bilancio nazionale da parte del Premier, in Italia si sono registrate altre quattro vittime sul lavoro: due operai in Puglia (uno a Mesagne l’altro nel foggiano), un agricoltore in Alto Adige, un altro operaio caduto da un’impalcatura all’Eur, nella Capitale. In serata, a Cologna Veneta (Verona), una quinta vittima: un uomo è deceduto dopo essere rimasto schiacciato sotto ad un camion, in circostanze ancora da chiarire. Nel pomeriggio del 30 settembre si sono registrate altre due vittime: un agricoltore nel Cuneese che lavorava nel suo campo di nocciole a Roddi, quando il trattore che guidava si è ribaltato e lo ha travolto, uccidendolo; e un operaio edile morto nel reggiano per gravi lesioni riportate a seguito di una caduta da circa 10 metri d'altezza mentre era intento ad effettuare lavori di manutenzione ordinaria sul tetto. Tragedie che aggravano un bilancio che, solo nella giornata di martedì, aveva registrato altre cinque vittime. Draghi: pene più severe In questi ultimi mesi il tema della sicurezza del lavoro è stato legato all’emergenza Covid. Ma, la prossima settimana l’intervento del governo andrà ben oltre i confini della pandemia. «Pene più severe e immediate e collaborazione all’interno dell’azienda per individuare precocemente le debolezze in tema di sicurezza lavoro», queste sarebbero le prime norme da introdurre secondo Draghi. Potenziare le strutture di controllo Nelle stesse ore anche il ministro del Lavoro Andrea Orlando, si è soffermato sull’argomento. Le norme prevedranno «sanzioni più tempestive per imprese che non rispettano le regole, possibilità di raccogliere più facilmente i dati per chi compie violazioni all’interno del tessuto economico e il potenziamento delle strutture di controllo». Su quest’ultimo punto il ministro esclude l’istituzione di un organismo unico sottolineando la necessità di un potenziamento delle competenze e dell’organico dell’Ispettorato del Lavoro e di una verifica più capillare del funzionamento degli uffici delle Asl. «Purtroppo, i diversi tagli che si sono succeduti, hanno portato ad una forte ridimensionamento degli organici», ha sottolineato. Concorso da 2mila posti all’Ispettorato del lavoro Il governo, nei mesi scorsi, già si è speso. Sbloccando un concorso per oltre duemila nuove risorse all’Ispettorato del Lavoro (800 saranno in servizio entro il 2021) e nominando il magistrato Bruno Giordano, persona di grande esperienza, a capo dell’organismo. Basterà? Secondo noi No. E sono proprio Draghi e Orlando a sottolineare come servano interventi di lungo periodo. Un mio pensiero... A prescindere da quello che sono le parole dei personaggi di spicco della politica italiana, mi lascia sempre perplesso come si dia un’enorme importanza alla sicurezza sul lavoro solo ed esclusivamente nel momento in cui vi siano più decessi rispetto al “normale” andamento giornaliero, settimanale o mensile al quale la nostra penisola è solita. Sicuramente la sicurezza sul lavoro non è un argomento di interesse popolare, di conseguenza i mass media non fanno informazione in maniera constante, ma solo ed esclusivamente quando “fa notizia”. Così facendo si crea un buco informativo e le persone non percepiscono la reale importanza dell’adottare nuove misure preventive, il tutto unito ad una mancanza di controllo da parte degli organi ispettivi fa si che il lavoro diventi un luogo estremamente pericoloso per tutti, dal datore di lavoro al dipendente passando per i dirigenti. Le realtà italiane dovrebbero essere monitorate in modo ciclico, è comprensibile che causa covid vi sia stato un taglio del personale adibito al controllo, ma nel momento in cui le aziende sono tornate ad essere operative, le attività di monitoraggio avrebbero dovuto essere più ferree, soprattutto perché da ormai più di un anno sono state emanate nuove disposizioni che probabilmente ad oggi alcune aziende non hanno ancora messo in atto. Con questo non sto insinuando che con una maggiore informazione e più controlli non ci sarebbero stati i morti sul lavoro che le famiglie rimpiangono, ma una attenzione maggiore da parte di tutti sarebbe un primo passo per spingere le aziende ad investire sulla sicurezza e la formazione dei propri dipendenti che in termini concreti si tradurrebbe in meno infortuni e sicuramente una riduzione notevole del tasso di decessi.