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Abbigliamento da lavoro: le cose che devi sapere



Buongiorno, caro lettore, di seguito le parole di un sito web d’informazione online che riporta un incidente sul lavoro avvenuto poche settimane fa:

” In base alle prime informazioni ottenute, l'incidente si è verificato nella zona industriale. L'uomo sarebbe rimasto incastrato in un macchinario, morendo. Uno dei suoi indumenti si sarebbe impigliato causando poi la tragedia. L'allarme alle forze dell'ordine e personale del 118 è arrivato attorno alle 20.30: i medici e i paramedici del 118 sono intervenuti con un'auto-medica e un'ambulanza, ma una volta arrivati non hanno potuto far altro che constatarne il decesso. Presenti anche i vigili del fuoco per aiutare con le operazioni di soccorso, i carabinieri per i rilievi e ricostruire la dinamica e i tecnici dell'agenzia di tutela della salute del territorio”.


Sono pienamente consapevole che iniziare un articolo così sia un pochino toccante, ma è proprio lì che voglio arrivare infatti oggi mi piacerebbe proprio provocarti.


Secondo te è normale perdere la propria vita semplicemente per un lembo della camicia che è fuoriuscito dai pantaloni?!


L’articolo prima citato è solo uno dei tanti incidenti che ogni anno avvengono in Italia, potrà sembrare strano ma l’abbigliamento da lavoro genera parecchi incidenti sul lavoro, è proprio per questo motivo che per alcune mansioni viene considerato un vero e proprio DPI ovvero dispositivo di protezione individuale.


È solo colpa dell’abbigliamento?

Prima di andare ad affrontare l’argomento abbigliamento idoneo o non idoneo che è il fulcro di questo articolo e bene prima dedicare un breve pensiero sul macchinario utilizzato.


Infatti, secondo la normativa EN ISO 23125 (la normativa europea relativa alla sicurezza dei torni), il macchinario stesso in fase di movimento dovrebbe essere provvisto di una sicura che impedisca all’operatore di rimanere incastrato rischiando di perdere gli arti o addirittura la vita.


Quindi mi raccomando evita di manomettere i macchinari ed evita di acquistare macchinari sprovvisti di marcatura CE perché è un’operazione molto rischiosa che potrebbe costare la vita a te o ad uno dei tuoi dipendenti.


Esclusa la problematica del macchinario, veniamo al succo del discorso. Analizziamo insieme diversi tipi di abbigliamento e le relative normative in modo da avere una panoramica completa circa il vestiario idoneo alle diverse tipologie di mansione che si possono ricoprire con un focus specifico sull’abbigliamento antimpigliamento.


Abbigliamento antinfortunistico Antimpigliamento

La norma UNI EN 510:2020 specifica le proprietà degli indumenti protettivi che riducono al minimo il rischio di impigliamento o trascinamento da parti in movimento quando l’operatore lavora in prossimità o su macchine o apparecchiature in movimento pericolose. Non si applica agli indumenti di protezione contro lesioni causate da parti particolari di macchine in movimento per cui esistano norme specifiche, per esempio gli indumenti di protezione per gli utilizzatori di seghe a catena.


Protezione contro il rischio di impigliamento

L’impigliamento è un pericolo legato al rischio meccanico. Utilizzando macchinari e attrezzature da lavoro l’operatore viene esposto a numerosi pericoli:

  • Schiacciamento, una parte del corpo rimane schiacciata da due elementi meccanici in movimento;

  • Cesoiamento, quando l’utilizzo di un macchinario o un’attrezzatura porta all’asportazione di una parte del corpo;

  • Taglio o sezionamento, questo tipo di infortunio avviene in presenza di un elemento meccanico tagliente;

  • Perforazione o puntura, penetrazione di un elemento acuminato in una parte del corpo;

  • Attrito o abrasione, sfregamento tra una parte del corpo e un elemento meccanico che può generare anche escoriazioni;

  • Proiezione di fluidi, corpi solidi o parti di macchina come schizzi o schegge che possono colpire l’operatore;

  • Urto, colpo dovuto a parti meccaniche in movimento;

  • Scivolamento, inciampo o caduta: infortuni frequenti nei lavori in quota;

  • Impigliamento, trascinamento o intrappolamento.

Il rischio di impigliamento è trattato dalla normativa UNI EN 510:2020 ed è un rischio da non sottovalutare: parti del corpo come mani, capelli, o oggetti come lacci, maniche, cravatte, sciarpe, bracciali, orologi, collane o altri elementi che si indossano, possono trascinare l’operatore impigliandosi alla macchina in movimento, seguendo il movimento della macchina stessa. Le conseguenze possono essere molto gravi, a seconda della tempestività di intervento.


Campo di applicazione

È molto importante utilizzare l’abbigliamento antimpigliamento antinfortunistico, per evitare di rimanere incastrati su macchinari come mole, cilindri rotanti, catene e cinghie di trasmissione.

Questo tipo di abbigliamento deve essere utilizzato in molteplici mansioni, per esempio da:

  • Addetti di tornitura;

  • Addetti al finissaggio;

  • Addetti di sabbiatura;

  • Addetti alla tranciatura;

  • Addetti alla fresatura;

  • Addetti al taglio di metalli al plasma;

  • Addetti alla trafilatura;

  • Utilizzatori di macchine per la trasformazione della carta;

  • Meccanici;

  • Operatori in industrie di produzione;

  • Manutentori di impianti industriali.


Requisiti generali dell’abbigliamento antinfortunistico antimpigliamento

Gli indumenti da lavoro antimpigliamento, realizzati secondo la normativa UNI EN 510:2020, devono avere specifiche caratteristiche per garantire questa tipologia di protezione.


Vediamo cosa nello specifico:

  • La presenza di tasche deve essere solamente nella parte interna del capo e devono essere chiuse tramite il velcro;

  • Bottoni, cerniere e fibbie devono essere inossidabili dalla ruggine;

  • I dispositivi di chiusura devono essere coperti e ad azionamento rapido (velcro) per la veloce rimozione in caso di emergenza;

  • Tutte le cuciture devono essere ribattute all’interno;

  • Le chiusure con cerniere devono essere coperte da patelle chiuse da velcro;

  • Le tasche devono essere chiuse tramite velcro;

  • Le pieghe create devono essere rivolte verso l’interno;

  • L’orlo delle maniche e dei pantaloni devono essere regolabili ed aderenti alla figura (generalmente sono realizzati con un elastico);

  • In vita deve essere presente un sistema di regolazione interno (generalmente elasticizzato).


Tutte queste piccole accortezze fanno sì che il capo sia molto molto meno rischioso per l’operatore, evitando di incappare in incidenti come quello riportato all’inizio.


Quali altre normative ci sono circa il vestiario?

Per avere un quadro più completo vediamo più nel dettaglio quali sono le norme sull’abbigliamento da lavoro in base ai principali rischi da cui devono proteggere il lavoratore.


PROTEZIONE IGNIFUGA

· EN ISO 11611: certifica l’abbigliamento da lavoro impiegato in saldatura. Questo settore necessita di abbigliamento ignifugo, poiché esiste il pericolo di contatto con la fiamma. Esistono due classi in base al livello di protezione. Questi capi sono testati anche per la resistenza alla trazione, alla lacerazione, all’esplosione, alla radiazione, alla resistenza elettrica e alla diffusione di fiamma.


· EN ISO 11612: È la più completa in merito all’abbigliamento che protegge dal calore e dalla fiamma. Gli indumenti devono superare quattro test: diffusione della fiamma, resistenza alla trazione, resistenza allo strappo, resistenza al calore.


· EN ISO 14116: Riguarda l’abbigliamento e i materiali di protezione a limitata propagazione di fiamma. Esistono tre livelli di protezione a seconda della risposta del tessuto al test della fiamma, che viene applicata direttamente sul tessuto per dieci secondi.


· EN 13506: Fa parte della EN ISO 11612 ed è la prova più realistica per quanto riguarda l’abbigliamento ignifugo. Si tratta del test sul manichino, ovvero la simulazione di un incendio su un manichino completamente vestito e dotato di più di cento sensori che registrano la variazione di energia termica in ogni singolo punto del corpo. Questi dati forniscono una previsione del danno, classificato in ustioni di primo, secondo o terzo grado.


· EN 469: È lo standard relativo all’abbigliamento protettivo per i vigili del fuoco. Questi capi devono essere anche impermeabili, ad alta visibilità e resistere al calore, alla propagazione della fiamma e allo strappo.


· EN 1486: Stabilisce i requisiti per gli indumenti protettivi riflettenti utilizzati dalle squadre antincendio. Questi capi devono superare i test di trasferimento di calore radiante, di calore convettivo e di calore da contatto. Più il tessuto agisce da barriera, maggiore sarà la protezione offerta.


PROTEZIONE DA SCARICA E ARCO ELETTRICO

· EN 61340: Definisce i criteri per l’abbigliamento e le calzature di protezione da scariche elettrostatiche. La carica statica accumulata sul corpo è pericolosa specie se si lavora a contatto con componenti elettronici sensibili, solventi o materiali infiammabili. In questo caso i capi di abbigliamento devono avere una resistenza minima alla conduttività, così da azzerare il rischio di scariche.


· EN 1149: Valuta le proprietà elettrostatiche degli indumenti e delle calzature di protezione per evitare scariche incendiarie. L’abbigliamento antistatico, per esser definito tale, deve superare i test di resistenza superficiale (conduttività tra due punti sulla superficie di un tessuto), resistenza elettrica verticale (conduttività attraverso la profondità del tessuto) e misurazione del decadimento della carica.


· IEC 61482: È la norma più specifica per descrivere i metodi di prova e i test che gli indumenti di protezione per arco elettrico devono superare per essere dichiarati conformi. È stata promossa dalla International Electrotechnical Commission, l’organizzazione internazionale per la definizione di standard in materia di elettricità, elettronica e tecnologie correlate. I metodi di prova sono quelli dell’arco aperto e dell’arco chiuso. Il primo misura quanta energia termica il tessuto può sopportare prima che il lavoratore subisca ustioni di secondo grado e la quantità di energia oltre la quale l’indumento si lacera, il secondo quanti chiloampere questo possa sopportare per 0,5 secondi rimanendo intatto.


ALTA VISIBILITÀ

· EN ISO 20471: Stabilisce tre classi in base al materiale ad alta visibilità presente sul capo, nello specifico la banda riflettente e il materiale fluorescente.


· RIS 3279 – TOM: È la norma inglese che definisce i requisiti per l’abbigliamento ad alta visibilità per l’industria ferroviaria. I capi devono essere almeno in classe due per la EN ISO 2047, il materiale impiegato deve essere retroriflettente e possono essere solo di colore arancione.


PROTEZIONE DAL FREDDO E DALLE PRECIPITAZIONI

· EN 343: riguarda l’abbigliamento di protezione dalle intemperie come pioggia, neve, nebbia e umidità. Per essere a norma di legge, l’abbigliamento viene valutato in merito a due fattori: la resistenza alla penetrazione dell’acqua (classificata in 3 classi, dalla meno impermeabile alla più protettiva) e la resistenza all’evaporazione del vapore acqueo prodotto dal corpo dell’operatore, ovvero la traspirabilità.


· EN 342: Specifica i requisiti e i test per gli indumenti di protezione da freddo (temperatura inferiore ai -5˚). I capi omologati secondo questo standard devono isolare termicamente ed essere impermeabile e traspiranti.


· EN 14058: Anche questa norma definisce i requisiti e i metodi di prova per gli indumenti destinati ad ambienti freddi. Gli indumenti devono avere resistenza termica per impedire al freddo esterno di entrare ed evitare il raffreddamento del corpo, ma possono non essere impermeabili.


PROTEZIONE DA RISCHIO CHIMICO

· EN 13034: Riguarda l’abbigliamento di protezione contro prodotti chimici liquidi. I capi vengono testati con una nebulizzazione colorata per valutare l’eventuale assorbimento da parte del tessuto.


· EN 14605: Prescrive i requisiti di prestazione per l’abbigliamento di protezione contro prodotti chimici liquidi o spray. Per testare la penetrazione si effettuano due test. Nel primo l’abbigliamento è sottoposto a un forte getto diretto, nel secondo a uno spruzzo continuo e pressurizzato di sostanze chimiche liquide.


PROTEZIONE DA RISCHIO BIOLOGICO E RADIOATTIVO

· EN 14126: Definisce lo standard per gli indumenti che proteggono da agenti infettivi, batteri e virus. I capi sono sottoposti a vari test e devono resistere alla penetrazione di sangue sintetico pressurizzato, batteri sospesi in soluzioni aerosol, batteri a contatto diretto e polvere contaminata. Per essere protettivo, l’abbigliamento da lavoro deve agire da barriera e non risultare contaminato né contaminante.


· EN 1073: Riguarda l’abbigliamento che protegge da contaminazione radioattiva da particolato. Gli indumenti vengono divisi in tre classi a seconda del livello di protezione, dove la terza classe offre la massima sicurezza poiché ha un fattore di dispersione delle particelle verso l’interno minimo.


NORMATIVE PER TIPO DI ABBIGLIAMENTO DA LAVORO

PROTEZIONE TESTA, VISO E OCCHI

· EN 812: Stabilisce i criteri per i caschetti antiurto certificati. In caso di impatto, questi caschetti proteggono ammortizzando e assorbendo l’urto. Inoltre, sono resistenti alla penetrazione di oggetti appuntiti.


· EN 397: Riguarda i caschi industriali che devono proteggere da eventuali oggetti in caduta. Questi elmetti devono superare i test di impatto, penetrazione, infiammabilità e ancoraggio. L’energia dell’oggetto caduto deve essere assorbita dal casco, che deve anche essere resistente al taglio e alla fiamma. Inoltre, tutti i caschi conformi a questa norma devono avere un cinturino sottogola che li ancori correttamente alla testa del lavoratore.


· EN 166: Riguarda occhiali e visiere di sicurezza. Devono soddisfare sia i requisiti ottici (proprietà rifrattive, trasmissione della luce, distorsione della lente), sia lo standard di protezione meccanica. Questi occhiali devono resistere agli urti senza fendersi o rompersi e per questo sono testati con sfere in acciaio di diverso peso e velocità che colpiscono sia la lente che il telaio.


· EN 175: Specifica i requisiti per occhiali, maschere e schermi viso utilizzati in saldatura. Questi dispositivi devono essere resistenti agli urti e proteggere da schizzi di metallo fuso e proiezioni di solidi caldi.


· EN 149: Definisce le specifiche tecniche per i dispositivi di protezione respiratoria, ovvero le mascherine. Queste devono filtrare le particelle, bloccando la penetrazione dall’esterno pur consentendo all’utente di respirare facilmente.


· EN 140: Definisce le caratteristiche che devono avere le semi-maschere. Sono dispositivi di protezione respiratoria che devono resistere alla temperatura e alla fiamma. La respirazione deve essere confortevole e per essere davvero protettive queste maschere non devono lasciar passare all’interno più del 2% dell’atmosfera ambientale esterna.


· EN 136: Riguarda invece le maschere pieno facciali. Questi dispositivi si dividono in tre classi a seconda dell’utilizzo richiesto. Devono superare il test di infiammabilità, la bardatura deve essere resistente alla trazione e l’aria inspirata all’interno della maschera deve essere filtrata.


GUANTI

· EN 388: Stabilisce i requisiti per i guanti protettivi contro i rischi meccanici. Devono resistere all’abrasione e al taglio e sono classificati in quattro classi a seconda della protezione che garantiscono.


· EN 407: Definisce i guanti protettivi contro i rischi termici. Si suddividono secondo il livello di prestazione in quattro classi, e devono resistere alla fiamma, al calore radiante e convettivo e agli spruzzi di metallo fuso.


· EN ISO 10819: Riguarda i guanti di protezione da vibrazioni meccaniche. Martelli pneumatici, martelli elettrici, macchinari per la frantumazione e la pavimentazione producono vibrazioni dannose che i guanti devono assorbire e attutire.


· EN 511: Specifica i requisiti per i guanti protettivi contro il freddo fino ai – 50˚. Il guanto deve garantire un isolamento termico sia dal freddo convettivo che dal freddo di contatto e deve inoltre essere impermeabile.


· EN 374: È la norma specifica per i guanti di protezione da rischio chimico e microbiologico. Devono essere resistenti alla penetrazione e alla permeazione.


SCARPE E GINOCCHIERE

· EN ISO 1328: Definisce i requisiti per calzature resistenti allo scivolamento. Esistono tre codici di marcatura per queste scarpe (SRA, SRB, SRC) a seconda che siano resistenti allo scivolamento su piastrelle di ceramica, pavimenti in acciaio o entrambi, dopo che tali superfici sono state trattate con una soluzione lubrificante.


· EN ISO 20345: Riguarda tutte le calzature di sicurezza, che devono essere resistenti all’impatto, alla compressione e alla perforazione.


· EN ISO 20347: Descrive gli standard di tutte le calzature da lavoro non esposte a rischi meccanici. Queste scarpe non presentano puntali in acciaio e sono adatte ad ambienti di lavoro in cui il rischio è considerato potenzialmente basso.


· EN 14404: Stabilisce i requisiti di prestazione per le ginocchiere. Devono assorbire gli urti, resistere alla penetrazione e rimanere in posizione senza risultare costrittive per l’utente.


Direi che una bella infarinatura ora tu la possa avere per quanto riguarda l’abbigliamento da lavoro, come sempre spero che ciò di cui abbiamo parlato possa esserti utile e di tuo interesse, colgo l’occasione per augurarti una buona giornata.

Al prossimo articolo!


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