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Datore di lavoro e RSPP: ciò che devi sapere sul loro rapporto



Buongiorno, caro lettore, eccoci tornati alla carica con il nuovo articolo della settimana andando a trattare un rapporto molto complesso e chiacchierato. In ogni azienda che abbia un minimo di interesse nei confronti della sicurezza propria e dei propri dipendenti sa, che una delle “pedine” cardine, è quella dell’RSPP ovvero il responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

Oltre a ricordarti che, la nomina dell’RSPP è uno dei compiti non delegabili da parte del datore di lavoro, volevo analizzare i vari tipi di rapporto che possono intercorrere tra le due figure in questione, si sa quando vi è la responsabilità di mezzo vi sono sempre alcuni aspetti tecnici da tenere in considerazione. Vediamo ora quali.

Qual è la definizione di RSPP, quali sono le sue funzioni?

L’RSPP è definito all’art. 2del D.lgs. n. 81/2008 come: «La persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi», con la precisazione che l’attività di “coordinamento” va inteso come l’esercizio di direzione funzionale, rivolto alla migliore valorizzazione e composizione sinergica delle competenze professionali facenti capo a ciascun ASPP (addetto al servizio di prevenzione e protezione).


Avendo, i due pilastri fondamentali della prevenzione e della protezione dai rischi, una funzione essenziale per la tutela della sicurezza e dalla salute dei lavoratori, è in questa prospettiva di approccio giuridico-culturale che va analizzata e interpretata la figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.


In modo molto semplice e facilmente comprensibile è impensabile che questa figura possa essere oggetto di una designazione solo formale, come dire “sulla carta”, sia in relazione all’importanza e alla delicatezza dei compiti che la legge assegna al servizio di prevenzione e protezione, e sia in relazione al rapporto intercorrente con il datore di lavoro.


Che tipo di rapporto accomuna l'RSPP e il datore di lavoro?

Mi sento di spendere due parole su un aspetto che potrà sembrare banale ma in realtà non è infatti, va evidenziato che il rapporto del RSPP con il datore di lavoro si svolge secondo due linee fondamentali: dipendenza e collaborazione.


La dipendenza non è da intendersi in senso tecnico-giuridico, bensì come avvalimento funzionale, in ragione del potere direttivo e gerarchico facente capo al datore di lavoro.


Mentre la collaborazione è motivata dal grado di complessità tecnica degli adempimenti per i quali è richiesta (valutazione dei rischi e redazione DVR), cui il datore di lavoro da solo (salvo alcuni casi particolari, peraltro subordinati alla frequenza di apposito corso di formazione) non potrebbe fare fronte.


Per quanto riguarda l’RSPP esterno all’azienda, il rapporto di dipendenza originerà e sarà modulato anche in base ai termini stabiliti in fase contrattuale.


Cosa ci dice la Corte Suprema in merito al loro rapporto?

La giurisprudenza della suprema Corte ha ormai definitivamente chiarito che, all’interno del modello di impresa sicura codificato nel D.lgs. n. 81/2008, in aderenza agli standard fissati dalle direttive comunitarie, l’RSPP non figura tra i soggetti personalmente destinatari, sul piano contravvenzionale, degli obblighi di sicurezza e di salute, e dunque il suo agire non è direttamente rapportabile a condotte penalmente sanzionate, atteso che il legislatore ha inteso assegnare a questa figura compiti tendenzialmente propositivi e programmatici, ma non di autonomia decisionale od operativa.


Il che non vuol dire che, in caso di infortunio sul lavoro o di malattia professionale di un lavoratore, il Rspp non possa essere chiamato a rispondere sia penalmente, sia in termini civilistici (contrattuali nei confronti del datore di lavoro, extracontrattuali nei confronti dei terzi danneggiati), quand’anche la sua condotta colposa non sia sanzionata e sanzionabile sul piano contravvenzionale.

Occorre, infatti, a questo riguardo distinguere nettamente il piano delle responsabilità prevenzionistiche, derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo quali sono le contravvenzioni, da quello delle responsabilità per reati colposi di evento, quando, cioè, si siano verificati infortuni sul lavoro o malattie professionali.


La giurisprudenza è pressoché univoca nel ritenere quella dell’RSPP una funzione integrativa del sistema di sicurezza aziendale, una sorta di ausilio tecnico per il datore di lavoro: cosicché il soggetto che, in qualità di RSPP, redige materialmente il piano non assume la qualifica di responsabile della sicurezza dei lavoratori dell’impresa.


La giurisprudenza ha altresì chiarito che l’atto di designazione del RSPP non equivale al conferimento della delega in materia antinfortunistica, atteso che la figura (obbligatoria) del RSPP non coincide con quella (facoltativa) del dirigente delegato all’osservanza delle norme antinfortunistiche e alla sicurezza dei lavoratori. Stante che il (dirigente) delegato per la sicurezza è figura eventuale, destinataria di poteri e responsabilità originariamente e istituzionalmente gravanti sul datore di lavoro, il quale deve essere formalmente individuato e investito del suo ruolo con le modalità rigorose dell’art. 16 del D.Lgs. n. 81/2008, ne deriva che il datore di lavoro non può dunque ritenersi esente da responsabilità per il solo fatto di aver provveduto a designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione.


E se vi fosse la piena autonomia decisionale...

Qualora invece venga conferita al RSPP una delega di funzioni, quest’ultimo, non limitando più la propria azione allo svolgimento di compiti propositivi e programmatici, bensì divenendo titolare di poteri di autonomia decisionale e operativa, è perciò investito della quota di responsabilità contravvenzionale, corrispondente ai contenuti e all’estensione delle funzioni delegate.


In questo modo, attraverso lo strumento della delega, l’azione del RSPP diviene fonte autonoma di responsabilità anche contravvenzionale.


Ciò urterebbe, infatti, contro il divieto di cumulo funzionale, ricavabile dall’art. 34 del D.Lgs. n. 81/2008 il quale, nel consentirlo nelle ipotesi indicate dalla norma, postula di contro, per le imprese escluse, il principio della necessaria distinzione funzionale e soggettiva tra datore di lavoro e Rspp.


E proprio l’espresso divieto normativo di delegabilità dell’attività di valutazione del rischio non consentiva in passato – né consente ora in linea di principio, salve le indicazioni di cui ultra - di far ricorso al cosiddetto “principio dell’affidamento”: nel senso che (fatta salva l’ipotesi di dolo del Rspp) il datore di lavoro non può addurre di versare in una situazione di “buona fede” o ”ignoranza incolpevole”, al fine di sottrarsi alla sua personale responsabilità, rispetto a una condotta “colposa” del Rspp.


Il datore di lavoro deve essere sempre a conoscenza di ciò che vi è nel DVR?

Partendo dal presupposto che è il servizio di prevenzione e protezione a procedere materialmente alla:

  • valutazione dei rischi professionali esistenti sul luogo e durante il lavoro

  • all’elaborazione delle misure preventive e protettive

  • dei sistemi di controllo di queste misure,

  • delle procedure di sicurezza per le varie attività aziendali,

  • redazione del relativo documento

Già nel regime del D.lgs. n. 626/1994 una importante pronuncia della Corte di Cassazione ha ritenuto che il datore di lavoro che si avvale del servizio di prevenzione e protezione o comunque di persone competenti, sempre che assolva l’obbligo di valutare le capacità tecniche di chi redige materialmente il Dvr, quello di informarsi preventivamente sui rischi presenti nell’azienda ai fini della loro valutazione, e quello di verificare successivamente se il documento redatto affronti adeguatamente i temi della prevenzione e della protezione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali tenendo conto delle informazioni acquisite sull’esistenza dei rischi nel rispetto di queste condizioni il datore non potrà dunque essere ritenuto responsabile.


Aderente a questa impostazione è stata poi la quasi totalità delle successive pronunce della suprema Corte.


Qualora il RSPP, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro a omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionistica, risponderà insieme a questi dell’evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale «che può assumere anche un carattere addirittura esclusivo».


Spero di averti fornito una panoramica il più completa possibile circa il rapporto che intercorre tra queste due figure, se vi fosse qualsiasi dubbio o perplessità non esitare a contattarci, i nostri tecnici saranno a completa disposizione.

Ti auguro una buona giornata, alla prossima!

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