Buongiorno
Caro lettore, bentornato nel nostro appuntamento con news e approfondimenti sulla sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro. Come penso tu abbia già letto dal titolo o dalla breve presentazione che ti ho mandato via mail oggi ho deciso di parlarti di rischio chimico.
Un rischio molto diffuso all’interno di molte PMI lombarde a differenza di quello che si possa pensare. Infatti, siamo soliti accostare tale rischio ad industrie chimiche, raffinerie o laboratori di ricerca, ed è vero che in quei contesti il rischio chimico è fortemente presente, ma è vero anche che vi sono realtà dove il rischio c’è ma con esposizione di gran lunga minore per il lavoratore.
Considerando la vastità dell’argomento ho deciso di riassumere il tutto in otto macro-argomenti che ti guideranno nell’approfondimento, dalla definizione di agente chimico sino alle azioni da compiere in caso di incidente chimico. Direi che dopo questa breve ma dovuta introduzione possiamo iniziare!
Definizione di agente chimico
Partiamo dalla definizione di agente chimico che possiamo tranquillamente ricavare dall’art. 222 del D.lgs. 81/08 : Tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato si può facilmente intuire come gli agenti chimici siano di per sé parte della nostra esistenza quotidiana: dai prodotti per le pulizie e la disinfezione, a quelli per la stampa o per la conservazione degli alimenti.
Sistema univoco di classificazione degli agenti chimici
Una così elevata presenza di sostanze chimiche, anche potenzialmente pericolose, comporta una diffusione del rischio chimico nei luoghi di lavoro ed un corrispondente rilevante numero di lavoratori esposti, a volte, in modo del tutto inconsapevole.
A motivo di questa diffusione si è reso da tempo necessario un sistema univoco di classificazione degli agenti chimici, che prevede una prima macro-distinzione in due classi:
1. gli agenti con proprietà pericolose di tipo chimico-fisico, a loro volta declinati in agenti infiammabili, esplosivi, comburenti e corrosivi; la cui esposizione accidentale da parte del lavoratore generalmente comporta un infortunio.
2. gli agenti con proprietà tossicologiche, ulteriormente distinti a loro volta in sostanze nocive, sensibilizzanti, irritanti, tossiche, teratogene e cancerogene; la cui esposizione non controllata da parte del lavoratore comporta una malattia professionale.
Pittogrammi di rischio: un’immediata valutazione del pericolo
Un primo strumento per l’immediata valutazione della pericolosità eventuale di un prodotto chimico è costituito dall’etichettatura, così come ridefinita dal regolamento europeo (REACH e CLP) di recente definitiva introduzione, in vigore dal 01 giugno 2015, che definisce nove diversi pittogrammi di rischio ognuno dei quali illustra una tipologia di pericolo associata alle proprietà intrinseche della sostanza.
I pittogrammi, di forma romboidale in campo bianco con cornice rossa, riprendono, e in parte modificano, i simboli di rischio precedentemente in vigore di colore arancione e nero, rinnovandone in alcuni casi solo la grafica, e, in altri casi, introducendo una nuova simbologia (es. effetti a lungo termine sull’organismo, recipienti sotto pressione).
Rischio chimico: la normativa italiana ed Europea
La normativa italiana che riguarda tutti gli aspetti della valutazione del Rischio Chimico, applicata ai luoghi di lavoro, è rintracciabile nel Titolo IX del D.Lgs 81/08, e si articola su tre Capi principali:
Capo I – Protezione da agenti chimici;
Capo II – Protezione da agenti Cancerogeni e Mutageni;
Capo III – Protezione da rischi connessi all’amianto.
Le normative europee di riferimento che hanno introdotto importanti novità nell’intero panorama del Rischio Chimico a livello internazionale, sono:
il Regolamento (CE) n.1907/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 (REACH, Registration, Evaluation, Authorization of CHemicals)-
il Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 (CLP – Classification Labelling Packaging) ai quali fanno riferimento ulteriori recenti documenti emessi dalla Commissione Consultiva permanente in materia di Valutazione del Rischio chimico e che illustrano nel dettaglio le linee guida per effettuare correttamente la valutazione, riconosciute a livello italiano ed in armonia con quanto definito dalla comunità Europea.
Valutazione del rischio chimico
A prescindere dalla linea guida utilizzata per la valutazione del Rischio chimico, l’esito della valutazione dovrà risultare o “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”, o “non basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute”, ed in questo secondo caso il datore di lavoro dovrà necessariamente adottare tutte le misure preventive e le disposizioni come definito negli artt. 225 e 226 del Testo Unico.
Il processo di valutazione del Rischio da esposizione ad agenti chimici si articola, su tre fasi fondamentali:
Valutazione del pericolo. Alla base vi è un’attenta e scrupolosa analisi della Scheda di Sicurezza del prodotto, in cui sono elencate e descritte tutte le proprietà intrinseche di pericolo della sostanza oggetto della valutazione.
Valutazione dell’esposizione. Deve tenere conto delle modalità attraverso la quale i lavoratori esposti possono entrare in contatto con la sostanza, della frequenza di utilizzo, della quantità massima e di valutazioni ambientali e rilevazioni biologiche volte a caratterizzare la presenza della sostanza nell’ambiente di lavoro e/o l’assorbimento nell’organismo.
Caratterizzazione del rischio. Sulla base dei risultati emersi dalle due fasi precedenti il Datore di Lavoro elabora una serie di misure preventive, protettive e di sorveglianza sanitaria, rivolte a eliminare o ridurre, la possibilità di esposizione alla sostanza nell’ambito dello scenario lavorativo analizzato, e in parallelo a monitorarne la presenza e la diffusione.
Alcune misure per la riduzione del rischio
I rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti al minimo mediante le seguenti misure di carattere generico:
Progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro;
Fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;
Riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti;
Riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione;
Misure igieniche adeguate;
Riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;
Metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.
Il datore di lavoro, sulla base dell’attività e della valutazione dei rischi deve provvedere affinché il rischio sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura dell’attività lo consenta, con altri agenti o processi che, nelle condizioni di uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori.
Quando la natura dell’attività non consente di eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore di lavoro deve garantire che il rischio sia ridotto mediante l’applicazione delle seguenti misure da adottarsi nel seguente ordine di priorità:
Progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, nonché uso di attrezzature e materiali adeguati;
Appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio;
Misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi l’esposizione;
Sorveglianza sanitaria dei lavoratori.
Dispositivi di protezione collettiva: cosa deve fare il datore di lavoro?
Il datore di lavoro deve mettere a disposizione attrezzature di lavoro ed adottare sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi alle disposizioni legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per quanto riguarda l’uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente esplosive; egli deve anche adottare misure per assicurare un sufficiente controllo degli impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo a disposizione sistemi e dispositivi finalizzati alla limitazione del rischio di esplosione o dispositivi per limitare la pressione delle esplosioni.
Il datore di lavoro deve informare i lavoratori del superamento dei valori limite di esposizione professionale, delle cause dell’evento e delle misure di prevenzione e protezione adottate e ne deve dare comunicazione, senza indugio, all’organo di vigilanza.
Tale comunicazione può essere effettuata in via telematica, anche per mezzo degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.
Cosa succede in caso di incidente? Come bisogna comportarsi?
Il datore di lavoro, al fine di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o di emergenze derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro, deve predisporre procedure di intervento adeguate da attuarsi al verificarsi di tali eventi.
Tali misure comprendono esercitazioni di sicurezza da effettuarsi a intervalli connessi alla tipologia di lavorazione e la messa a disposizione di appropriati mezzi di pronto soccorso.
Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoro deve adottare immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare, di assistenza, di evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il datore di lavoro deve adottare inoltre misure adeguate a porre rimedio alla situazione quanto prima.
Ai lavoratori cui è consentito operare nell’area colpita o ai lavoratori indispensabili all’effettuazione delle riparazioni e delle attività necessarie, devono essere forniti indumenti protettivi, dispositivi di protezione individuale ed idonee attrezzature di intervento che devono essere utilizzate sino a quando persiste la situazione anomala.
Il datore di lavoro deve adottare le misure necessarie per approntare sistemi d’allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per segnalare tempestivamente l’incidente o l’emergenza. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano previsto dal Decreto; in particolare nel piano vanno inserite:
Informazioni preliminari sulle attività pericolose, sugli agenti chimici pericolosi, sulle misure per l’identificazione dei rischi, sulle precauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi competenti per le situazioni di emergenza possano mettere a punto le proprie procedure e misure precauzionali;
Qualunque altra informazione disponibile sui rischi specifici derivanti o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o situazioni di emergenza.
Come ti avevo anticipato nell’introduzione l’approfondimento avrebbe sviscerato gli otto punti caratteristici di questo rischio molto complesso e strutturato, il mio tentativo è stato semplicemente quello di renderlo più digeribile, ma sono sicuro che se sei arrivato sino a qua sarai sicuramente informato a dovere, quando il tuo consulente ti esporrà tale problematica non brancolerai nel buio nel tentativo di comprendere ciò che dice.
Se hai dei dubbi o dei quesiti che mi vuoi porre, non esitare a scrivermi una mail o a contattarci telefonicamente, io o uno dei miei colleghi saremo lieti di rispondere a tutte le tue richieste.
Alla prossima!
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