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  • Abbigliamento da lavoro: le cose che devi sapere

    Buongiorno, caro lettore, di seguito le parole di un sito web d’informazione online che riporta un incidente sul lavoro avvenuto poche settimane fa: ” In base alle prime informazioni ottenute, l'incidente si è verificato nella zona industriale. L'uomo sarebbe rimasto incastrato in un macchinario, morendo. Uno dei suoi indumenti si sarebbe impigliato causando poi la tragedia. L'allarme alle forze dell'ordine e personale del 118 è arrivato attorno alle 20.30: i medici e i paramedici del 118 sono intervenuti con un'auto-medica e un'ambulanza, ma una volta arrivati non hanno potuto far altro che constatarne il decesso. Presenti anche i vigili del fuoco per aiutare con le operazioni di soccorso, i carabinieri per i rilievi e ricostruire la dinamica e i tecnici dell'agenzia di tutela della salute del territorio”. Sono pienamente consapevole che iniziare un articolo così sia un pochino toccante, ma è proprio lì che voglio arrivare infatti oggi mi piacerebbe proprio provocarti. Secondo te è normale perdere la propria vita semplicemente per un lembo della camicia che è fuoriuscito dai pantaloni?! L’articolo prima citato è solo uno dei tanti incidenti che ogni anno avvengono in Italia, potrà sembrare strano ma l’abbigliamento da lavoro genera parecchi incidenti sul lavoro, è proprio per questo motivo che per alcune mansioni viene considerato un vero e proprio DPI ovvero dispositivo di protezione individuale. È solo colpa dell’abbigliamento? Prima di andare ad affrontare l’argomento abbigliamento idoneo o non idoneo che è il fulcro di questo articolo e bene prima dedicare un breve pensiero sul macchinario utilizzato. Infatti, secondo la normativa EN ISO 23125 (la normativa europea relativa alla sicurezza dei torni), il macchinario stesso in fase di movimento dovrebbe essere provvisto di una sicura che impedisca all’operatore di rimanere incastrato rischiando di perdere gli arti o addirittura la vita. Quindi mi raccomando evita di manomettere i macchinari ed evita di acquistare macchinari sprovvisti di marcatura CE perché è un’operazione molto rischiosa che potrebbe costare la vita a te o ad uno dei tuoi dipendenti. Esclusa la problematica del macchinario, veniamo al succo del discorso. Analizziamo insieme diversi tipi di abbigliamento e le relative normative in modo da avere una panoramica completa circa il vestiario idoneo alle diverse tipologie di mansione che si possono ricoprire con un focus specifico sull’abbigliamento antimpigliamento. Abbigliamento antinfortunistico Antimpigliamento La norma UNI EN 510:2020 specifica le proprietà degli indumenti protettivi che riducono al minimo il rischio di impigliamento o trascinamento da parti in movimento quando l’operatore lavora in prossimità o su macchine o apparecchiature in movimento pericolose. Non si applica agli indumenti di protezione contro lesioni causate da parti particolari di macchine in movimento per cui esistano norme specifiche, per esempio gli indumenti di protezione per gli utilizzatori di seghe a catena. Protezione contro il rischio di impigliamento L’impigliamento è un pericolo legato al rischio meccanico. Utilizzando macchinari e attrezzature da lavoro l’operatore viene esposto a numerosi pericoli: Schiacciamento, una parte del corpo rimane schiacciata da due elementi meccanici in movimento; Cesoiamento, quando l’utilizzo di un macchinario o un’attrezzatura porta all’asportazione di una parte del corpo; Taglio o sezionamento, questo tipo di infortunio avviene in presenza di un elemento meccanico tagliente; Perforazione o puntura, penetrazione di un elemento acuminato in una parte del corpo; Attrito o abrasione, sfregamento tra una parte del corpo e un elemento meccanico che può generare anche escoriazioni; Proiezione di fluidi, corpi solidi o parti di macchina come schizzi o schegge che possono colpire l’operatore; Urto, colpo dovuto a parti meccaniche in movimento; Scivolamento, inciampo o caduta: infortuni frequenti nei lavori in quota; Impigliamento, trascinamento o intrappolamento. Il rischio di impigliamento è trattato dalla normativa UNI EN 510:2020 ed è un rischio da non sottovalutare: parti del corpo come mani, capelli, o oggetti come lacci, maniche, cravatte, sciarpe, bracciali, orologi, collane o altri elementi che si indossano, possono trascinare l’operatore impigliandosi alla macchina in movimento, seguendo il movimento della macchina stessa. Le conseguenze possono essere molto gravi, a seconda della tempestività di intervento. Campo di applicazione È molto importante utilizzare l’abbigliamento antimpigliamento antinfortunistico, per evitare di rimanere incastrati su macchinari come mole, cilindri rotanti, catene e cinghie di trasmissione. Questo tipo di abbigliamento deve essere utilizzato in molteplici mansioni, per esempio da: Addetti di tornitura; Addetti al finissaggio; Addetti di sabbiatura; Addetti alla tranciatura; Addetti alla fresatura; Addetti al taglio di metalli al plasma; Addetti alla trafilatura; Utilizzatori di macchine per la trasformazione della carta; Meccanici; Operatori in industrie di produzione; Manutentori di impianti industriali. Requisiti generali dell’abbigliamento antinfortunistico antimpigliamento Gli indumenti da lavoro antimpigliamento, realizzati secondo la normativa UNI EN 510:2020, devono avere specifiche caratteristiche per garantire questa tipologia di protezione. Vediamo cosa nello specifico: La presenza di tasche deve essere solamente nella parte interna del capo e devono essere chiuse tramite il velcro; Bottoni, cerniere e fibbie devono essere inossidabili dalla ruggine; I dispositivi di chiusura devono essere coperti e ad azionamento rapido (velcro) per la veloce rimozione in caso di emergenza; Tutte le cuciture devono essere ribattute all’interno; Le chiusure con cerniere devono essere coperte da patelle chiuse da velcro; Le tasche devono essere chiuse tramite velcro; Le pieghe create devono essere rivolte verso l’interno; L’orlo delle maniche e dei pantaloni devono essere regolabili ed aderenti alla figura (generalmente sono realizzati con un elastico); In vita deve essere presente un sistema di regolazione interno (generalmente elasticizzato). Tutte queste piccole accortezze fanno sì che il capo sia molto molto meno rischioso per l’operatore, evitando di incappare in incidenti come quello riportato all’inizio. Quali altre normative ci sono circa il vestiario? Per avere un quadro più completo vediamo più nel dettaglio quali sono le norme sull’abbigliamento da lavoro in base ai principali rischi da cui devono proteggere il lavoratore. PROTEZIONE IGNIFUGA · EN ISO 11611: certifica l’abbigliamento da lavoro impiegato in saldatura. Questo settore necessita di abbigliamento ignifugo, poiché esiste il pericolo di contatto con la fiamma. Esistono due classi in base al livello di protezione. Questi capi sono testati anche per la resistenza alla trazione, alla lacerazione, all’esplosione, alla radiazione, alla resistenza elettrica e alla diffusione di fiamma. · EN ISO 11612: È la più completa in merito all’abbigliamento che protegge dal calore e dalla fiamma. Gli indumenti devono superare quattro test: diffusione della fiamma, resistenza alla trazione, resistenza allo strappo, resistenza al calore. · EN ISO 14116: Riguarda l’abbigliamento e i materiali di protezione a limitata propagazione di fiamma. Esistono tre livelli di protezione a seconda della risposta del tessuto al test della fiamma, che viene applicata direttamente sul tessuto per dieci secondi. · EN 13506: Fa parte della EN ISO 11612 ed è la prova più realistica per quanto riguarda l’abbigliamento ignifugo. Si tratta del test sul manichino, ovvero la simulazione di un incendio su un manichino completamente vestito e dotato di più di cento sensori che registrano la variazione di energia termica in ogni singolo punto del corpo. Questi dati forniscono una previsione del danno, classificato in ustioni di primo, secondo o terzo grado. · EN 469: È lo standard relativo all’abbigliamento protettivo per i vigili del fuoco. Questi capi devono essere anche impermeabili, ad alta visibilità e resistere al calore, alla propagazione della fiamma e allo strappo. · EN 1486: Stabilisce i requisiti per gli indumenti protettivi riflettenti utilizzati dalle squadre antincendio. Questi capi devono superare i test di trasferimento di calore radiante, di calore convettivo e di calore da contatto. Più il tessuto agisce da barriera, maggiore sarà la protezione offerta. PROTEZIONE DA SCARICA E ARCO ELETTRICO · EN 61340: Definisce i criteri per l’abbigliamento e le calzature di protezione da scariche elettrostatiche. La carica statica accumulata sul corpo è pericolosa specie se si lavora a contatto con componenti elettronici sensibili, solventi o materiali infiammabili. In questo caso i capi di abbigliamento devono avere una resistenza minima alla conduttività, così da azzerare il rischio di scariche. · EN 1149: Valuta le proprietà elettrostatiche degli indumenti e delle calzature di protezione per evitare scariche incendiarie. L’abbigliamento antistatico, per esser definito tale, deve superare i test di resistenza superficiale (conduttività tra due punti sulla superficie di un tessuto), resistenza elettrica verticale (conduttività attraverso la profondità del tessuto) e misurazione del decadimento della carica. · IEC 61482: È la norma più specifica per descrivere i metodi di prova e i test che gli indumenti di protezione per arco elettrico devono superare per essere dichiarati conformi. È stata promossa dalla International Electrotechnical Commission, l’organizzazione internazionale per la definizione di standard in materia di elettricità, elettronica e tecnologie correlate. I metodi di prova sono quelli dell’arco aperto e dell’arco chiuso. Il primo misura quanta energia termica il tessuto può sopportare prima che il lavoratore subisca ustioni di secondo grado e la quantità di energia oltre la quale l’indumento si lacera, il secondo quanti chiloampere questo possa sopportare per 0,5 secondi rimanendo intatto. ALTA VISIBILITÀ · EN ISO 20471: Stabilisce tre classi in base al materiale ad alta visibilità presente sul capo, nello specifico la banda riflettente e il materiale fluorescente. · RIS 3279 – TOM: È la norma inglese che definisce i requisiti per l’abbigliamento ad alta visibilità per l’industria ferroviaria. I capi devono essere almeno in classe due per la EN ISO 2047, il materiale impiegato deve essere retroriflettente e possono essere solo di colore arancione. PROTEZIONE DAL FREDDO E DALLE PRECIPITAZIONI · EN 343: riguarda l’abbigliamento di protezione dalle intemperie come pioggia, neve, nebbia e umidità. Per essere a norma di legge, l’abbigliamento viene valutato in merito a due fattori: la resistenza alla penetrazione dell’acqua (classificata in 3 classi, dalla meno impermeabile alla più protettiva) e la resistenza all’evaporazione del vapore acqueo prodotto dal corpo dell’operatore, ovvero la traspirabilità. · EN 342: Specifica i requisiti e i test per gli indumenti di protezione da freddo (temperatura inferiore ai -5˚). I capi omologati secondo questo standard devono isolare termicamente ed essere impermeabile e traspiranti. · EN 14058: Anche questa norma definisce i requisiti e i metodi di prova per gli indumenti destinati ad ambienti freddi. Gli indumenti devono avere resistenza termica per impedire al freddo esterno di entrare ed evitare il raffreddamento del corpo, ma possono non essere impermeabili. PROTEZIONE DA RISCHIO CHIMICO · EN 13034: Riguarda l’abbigliamento di protezione contro prodotti chimici liquidi. I capi vengono testati con una nebulizzazione colorata per valutare l’eventuale assorbimento da parte del tessuto. · EN 14605: Prescrive i requisiti di prestazione per l’abbigliamento di protezione contro prodotti chimici liquidi o spray. Per testare la penetrazione si effettuano due test. Nel primo l’abbigliamento è sottoposto a un forte getto diretto, nel secondo a uno spruzzo continuo e pressurizzato di sostanze chimiche liquide. PROTEZIONE DA RISCHIO BIOLOGICO E RADIOATTIVO · EN 14126: Definisce lo standard per gli indumenti che proteggono da agenti infettivi, batteri e virus. I capi sono sottoposti a vari test e devono resistere alla penetrazione di sangue sintetico pressurizzato, batteri sospesi in soluzioni aerosol, batteri a contatto diretto e polvere contaminata. Per essere protettivo, l’abbigliamento da lavoro deve agire da barriera e non risultare contaminato né contaminante. · EN 1073: Riguarda l’abbigliamento che protegge da contaminazione radioattiva da particolato. Gli indumenti vengono divisi in tre classi a seconda del livello di protezione, dove la terza classe offre la massima sicurezza poiché ha un fattore di dispersione delle particelle verso l’interno minimo. NORMATIVE PER TIPO DI ABBIGLIAMENTO DA LAVORO PROTEZIONE TESTA, VISO E OCCHI · EN 812: Stabilisce i criteri per i caschetti antiurto certificati. In caso di impatto, questi caschetti proteggono ammortizzando e assorbendo l’urto. Inoltre, sono resistenti alla penetrazione di oggetti appuntiti. · EN 397: Riguarda i caschi industriali che devono proteggere da eventuali oggetti in caduta. Questi elmetti devono superare i test di impatto, penetrazione, infiammabilità e ancoraggio. L’energia dell’oggetto caduto deve essere assorbita dal casco, che deve anche essere resistente al taglio e alla fiamma. Inoltre, tutti i caschi conformi a questa norma devono avere un cinturino sottogola che li ancori correttamente alla testa del lavoratore. · EN 166: Riguarda occhiali e visiere di sicurezza. Devono soddisfare sia i requisiti ottici (proprietà rifrattive, trasmissione della luce, distorsione della lente), sia lo standard di protezione meccanica. Questi occhiali devono resistere agli urti senza fendersi o rompersi e per questo sono testati con sfere in acciaio di diverso peso e velocità che colpiscono sia la lente che il telaio. · EN 175: Specifica i requisiti per occhiali, maschere e schermi viso utilizzati in saldatura. Questi dispositivi devono essere resistenti agli urti e proteggere da schizzi di metallo fuso e proiezioni di solidi caldi. · EN 149: Definisce le specifiche tecniche per i dispositivi di protezione respiratoria, ovvero le mascherine. Queste devono filtrare le particelle, bloccando la penetrazione dall’esterno pur consentendo all’utente di respirare facilmente. · EN 140: Definisce le caratteristiche che devono avere le semi-maschere. Sono dispositivi di protezione respiratoria che devono resistere alla temperatura e alla fiamma. La respirazione deve essere confortevole e per essere davvero protettive queste maschere non devono lasciar passare all’interno più del 2% dell’atmosfera ambientale esterna. · EN 136: Riguarda invece le maschere pieno facciali. Questi dispositivi si dividono in tre classi a seconda dell’utilizzo richiesto. Devono superare il test di infiammabilità, la bardatura deve essere resistente alla trazione e l’aria inspirata all’interno della maschera deve essere filtrata. GUANTI · EN 388: Stabilisce i requisiti per i guanti protettivi contro i rischi meccanici. Devono resistere all’abrasione e al taglio e sono classificati in quattro classi a seconda della protezione che garantiscono. · EN 407: Definisce i guanti protettivi contro i rischi termici. Si suddividono secondo il livello di prestazione in quattro classi, e devono resistere alla fiamma, al calore radiante e convettivo e agli spruzzi di metallo fuso. · EN ISO 10819: Riguarda i guanti di protezione da vibrazioni meccaniche. Martelli pneumatici, martelli elettrici, macchinari per la frantumazione e la pavimentazione producono vibrazioni dannose che i guanti devono assorbire e attutire. · EN 511: Specifica i requisiti per i guanti protettivi contro il freddo fino ai – 50˚. Il guanto deve garantire un isolamento termico sia dal freddo convettivo che dal freddo di contatto e deve inoltre essere impermeabile. · EN 374: È la norma specifica per i guanti di protezione da rischio chimico e microbiologico. Devono essere resistenti alla penetrazione e alla permeazione. SCARPE E GINOCCHIERE · EN ISO 1328: Definisce i requisiti per calzature resistenti allo scivolamento. Esistono tre codici di marcatura per queste scarpe (SRA, SRB, SRC) a seconda che siano resistenti allo scivolamento su piastrelle di ceramica, pavimenti in acciaio o entrambi, dopo che tali superfici sono state trattate con una soluzione lubrificante. · EN ISO 20345: Riguarda tutte le calzature di sicurezza, che devono essere resistenti all’impatto, alla compressione e alla perforazione. · EN ISO 20347: Descrive gli standard di tutte le calzature da lavoro non esposte a rischi meccanici. Queste scarpe non presentano puntali in acciaio e sono adatte ad ambienti di lavoro in cui il rischio è considerato potenzialmente basso. · EN 14404: Stabilisce i requisiti di prestazione per le ginocchiere. Devono assorbire gli urti, resistere alla penetrazione e rimanere in posizione senza risultare costrittive per l’utente. Direi che una bella infarinatura ora tu la possa avere per quanto riguarda l’abbigliamento da lavoro, come sempre spero che ciò di cui abbiamo parlato possa esserti utile e di tuo interesse, colgo l’occasione per augurarti una buona giornata. Al prossimo articolo!

  • MUD 2022: le principali novità

    Buongiorno, gentile lettore, come ogni anno ti scrivo in questo periodo per ricordarti la presentazione del Modello Unico di Dichiarazione Ambientale (MUD). Devi sapere che quest’anno in via del tutto eccezionale viene posticipata dal 30 aprile al 21 maggio 2022 la data entro la quale dovrà essere presentato appunto il MUD per i rifiuti prodotti e gestiti nel 2021. Anche se già trovi un articolo dedicato al MUD dello scorso anno nel nostro blog ho deciso oggi di scriverne un altro con alcune informazioni aggiuntive perché ti anticipo già che ci sono alcune novità che è bene che tu sappia. Inoltre, sono molto contento perché dati alla mano ci sono molti nuovi lettori rispetto allo scorso anno e non vorrei che si perdessero un argomento molto importante come questo. Che cos'è il MUD? Il Modello di Dichiarazione Unica Ambientale (MUD) è lo strumento di contabilità ambientale tramite il quale devono essere denunciati, di norma entro il 30 aprile, i rifiuti prodotti dalle attività economiche, i rifiuti raccolti dal Comune e quelli smaltiti, avviati al recupero, trasportati od oggetto di attività di intermediazione nel corso dell’anno che precede la medesima dichiarazione. Quando va presentato il MUD? Per il 2022, dietro espressa richiesta del Ministero della Transizione Ecologica (MiTE), in collaborazione con l’ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale), il MUD adottato per il 2021 è stato sostituito da un Nuovo Modello, in attuazione della più recente normativa europea. Il Nuovo Modello MUD è stato approvato con il DPCM 17 dicembre 2021 e deve essere presentato con le solite modalità (via telematica o via PEC) entro il 21 maggio 2022: tale data deriva da quanto previsto dall’art. 6, comma 2-bis, legge 25 gennaio 1994 n. 70, secondo cui il termine per la presentazione del MUD è fissato in 120 giorni a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto, slittando pertanto dal 30 aprile 2022 al 21 maggio 2022. Quali sono le novità del MUD 2022? Queste sono le principali novità del MUD 2022: Nuovo Modello allegato al DPCM 17 dicembre 2021 che sostituisce quello allegato al DPCM 23 dicembre 2020; inserimento nella Sezione Anagrafica di una nuova scheda “Riciclaggio” destinata ai soggetti che effettuano il riciclaggio finale dei rifiuti urbani e/o dei rifiuti di imballaggio; inserimento tra i soggetti tenuti alla presentazione e compilazione della Comunicazione Rifiuti Urbani anche dei soggetti che per effetto dell’art. 198, comma 2-bis, D.lgs. 152/2006 (TU Ambientale), si occupano della raccolta di rifiuti urbani conto terzi presso le utenze non domestiche che dovranno compilare alcune parti della Comunicazione, in particolare il “modulo RT-non Pub” (rifiuti raccolti al di fuori del servizio urbano di raccolta) allegato alla scheda RU; revisione della scheda “CG- costi di gestione” della Comunicazione Rifiuti, per garantire una maggiore facilità nella compilazione (in particolare, è stata data la possibilità di inserire valori con tre cifre decimali e di inserire valori negativi ad alcune voci); integrazione delle ISTRUZIONI, con particolare riguardo alle indicazioni per la compilazione delle nuove schede implementate e per chiarire meglio la definizione dei rifiuti urbani [art. 183, comma 1, lett. b ter), punto 2), D.Lgs. 152/2006]. Quali sono i soggetti interessati alla presentazione del MUD? L’art. 189, commi 3 e 4 del D.lgs. 152/2006, indica i soggetti, che restano invariati rispetto a quanto previsto per gli anni precedenti, obbligati alla presentazione del MUD: chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto rifiuti; commercianti e intermediari di rifiuti senza detenzione; imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento rifiuti; imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi; imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all’art. 184, comma 3, lett. c), d) e g), D.lgs. 152/2006 che hanno più di dieci dipendenti; Consorzi e i sistemi riconosciuti, istituiti per il recupero e riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti, a esclusione dei Consorzi e sistemi istituiti per il recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio che sono tenuti alla compilazione della Comunicazione Imballaggi. Come va presentato il MUD? Ovviamente noi come TQSA offriamo ai nostri clienti un servizio dedicato per la presentazione di tale dichiarazione, che solitamente risulta essere complessa e molto dispendiosa in termini di tempistiche. Ma per chi volesse eseguirla da sé, come per gli anni precedenti, anche per il 2022 le seguenti Comunicazioni devono essere presentate esclusivamente tramite il sito https://www.mudtelematico.it/: Comunicazione rifiuti; Comunicazione veicoli fuori uso; Comunicazione Imballaggi (sia sezione consorzi sia sezione gestori rifiuti di imballaggio); Comunicazione rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). Per l’invio telematico i dichiaranti devono essere in possesso di un dispositivo di firma digitale valido al momento dell’invio. Il file trasmesso per via telematica può recare le dichiarazioni relative a più unità locali afferenti alla stessa CCIAA competente territorialmente, sia appartenenti a un unico soggetto dichiarante che appartenenti a più soggetti dichiaranti. Si ricorda inoltre che: la Comunicazione Rifiuti Urbani assimilati e raccolti in convenzione va presentata, esclusivamente via telematica, tramite il sito https://www.mudcomuni.it/; la Comunicazione Produttori di Apparecchiature elettriche ed elettroniche va presentata esclusivamente via telematica, tramite il sito https://www.registroaee.it/. Ci sono sanzioni? Rimangono invariate le sanzioni previste sia per ritardo della presentazione del MUD (dopo il 21 maggio 2022 ma comunque entro 60 giorni dalla scadenza) sia per l’omessa, incompleta o inesatta dichiarazione (con maggiorazioni degli importi per i soggetti obbligati alla Comunicazione Veicoli fuori uso e per la Comunicazione produttori AEE per i quali si aggiunge la sospensione dell’autorizzazione per un periodo da 2 a 6 mesi per l’omessa presentazione). Come sempre spero di che l’articolo sia stato di tuo interesse, se ci fossero dei dubbi ti consiglio di riguardare l’articolo dello scorso anno, oppure di contattarci, io e il mio team di tecnici saremo più che lieti di fornirti tutte le informazioni utili. Colgo l’occasione per augurarti una buona giornata! Alla prossima!

  • ISO 14067:2018: la Carbon Footprint di Prodotto

    Buongiorno, Caro cliente, oggi si torna a parlare di ambiente, uno degli argomenti che noi abbiamo molto a cuore e al quale siamo molto sensibili è il tema della sostenibilità ambientale. Sono consapevole che per te e per molti dei miei lettori applicare ciò di cui ti andrò a parlare oggi sarà moto complesso per questioni di struttura, costi e visione aziendale, ma sono sicuro che da imprenditore lungimirante quale sei un occhio tu lo abbia sempre puntato al futuro. Quindi, è bene che tu sappia anche la direzione che stanno prendendo aziende di riferimento quali Amazon, Apple, Ikea, Microsoft, Eni e come loro molte altre. In cosa si stanno impegnando? Nel 2015 vi è stato un incontro nella capitale francese, sottoscritto da 196 paesi di tutti e 5 i continenti, che ha fissato l’obbiettivo di mantenere la temperatura media globale al di sotto dei 2°C per fare fronte alla minaccia del riscaldamento globale. Tale accordo, ha fatto sì, che molte imprese si siano chiamate direttamente in causa per contribuire alla salvaguardia del pianeta, impegnandosi in modo concreto. Bill Gates, noto fondatore della Microsoft, in un convegno (non quello parigino prima citato) sulla decarbonizzazione dei processi ha affermato che: “Coloro che hanno il coraggio di fare questi passi ora non solo aiuteranno il mondo ad evitare un disastro climatico, ma raggiungeranno più facilmente il successo essendo i più attrezzati per finanziare, produrre e acquistare le soluzioni sostenibili che sosterranno la nostra futura economia. Sono molto incoraggiato dal numero sempre maggiore di aziende che si impegnano a ridurre le emissioni nette entro il 2050. È fondamentale iniziare a trasformare questi impegni in azioni concrete. Incoraggio le aziende a iniziare a seguire i principi: ridurre, rendicontare, compensare.” Quindi... Oggi più che mai le tematiche relative alla salvaguardia dell’ambiente hanno assunto un ruolo sempre più importante all’interno dell’economia mondiale, di conseguenza le organizzazioni possono evidenziare i propri obiettivi di sostenibilità ambientale attraverso un importante mezzo di comunicazioni: le certificazioni, che permettono all’azienda di comunicare ai propri clienti quale sia la politica aziendale adottata. In ambito ambientale, in data 20 agosto 2018 è entrata in vigore la nuova norma internazionale UNI EN ISO 14067 “Greenhousegases – Carbon footprint of products – Requirements and guidelines for quantification” che ha sostituito la specifica tecnica ISO/TS 14067 e che definisce i principi, i requisiti e le linee guida per la quantificazione e la comunicazione dell’impronta di carbonio di un prodotto (CFP – Carbon Footprint of a Product). Con il termine “impronta di carbonio” si intende un parametro che permette di stimare le emissioni gas serra causate da un prodotto espresse in tonnellate di CO2 equivalente. In sostanza vengono quantificate tutte le emissioni di gas ad effetto serra lungo tutto il ciclo di vita del prodotto, dall’estrazione delle materie prime allo smaltimento finale del prodotto, cioè “dalla culla alla tomba”. Tale norma fornisce le indicazioni su come calcolare l’impronta di carbonio dei prodotti e far meglio comprendere come è possibile ridurla. In particolare, la norma UNI EN ISO 14067 definisce quali sono i punti fondamentali da sviluppare per calcolare la impronta di carbonio, cioè: approccio di ciclo di vita, metodologia per la quantificazione della carbon footprint (CFP) e report sullo studio effettuato. L’applicazione di tale standard di riferimento permette di comprendere meglio le modalità con cui gestire e ridurre la propria CFP, di dimostrare le performance ambientali di prodotto e di comunicare i propri obiettivi di sostenibilità ambientale. Una volta definita la propria CFP, tale documentazione deve essere sottoposta a verifica e a validazione da parte di un organismo accreditato. Perché diventare un’azienda carbon neutral? Ecco i 5 vantaggi per chi sceglie la sostenibilità ambientale Attrae talenti in azienda: impregnarsi per un pianeta e un futuro migliori significa attrarre talenti e assicurarsi una permanenza a lungo termine di questi ultimi. Una ricerca condotta da Deloitte ha dimostrato come la generazione Z sia ben disposta a intraprendere un percorso professionale presso imprese che fanno del valore un punto di forza; l’80% dei giovani (Millenials + GenZ) dichiara di ritenere necessario un intervento anche da parte delle imprese nella lotta al cambiamento climatico. Ottenere un vantaggio competitivo: A parità di prodotto o servizio la sostenibilità diventa un vantaggio in grado di fare la differenza in fase di acquisto o scelta dei propri partner. Nel rapporto Coop 2020 il 55% degli intervistati italiani ha dichiarato che a dirigere le proprie scelte d’acquisto subito dopo il rapporto qualità-prezzo, c’è proprio la sostenibilità ambientale. Anticipare il cambiamento: Le normative di carattere ambientale stanno assumendo un ruolo sempre più centrale a livello nazionale, europeo e internazionale, e con esse anche le conseguenti agevolazioni e forme di tassazione penalizzanti. Le aziende non faranno trovare impreparate a questi cambiamenti non verranno rallentate o penalizzate da vincoli legali. Migliorare la reputazione: L’assunzione di responsabilità e l’impegno dell’azienda nel ridurre il proprio impatto creano un eco positivo tra i propri clienti, partners e dipendenti migliorando l’awareness e la fidelizzazione. Iniziative di sostenibilità ambientale, oltre che a tutelare il nostro pianeta, offrono la possibilità di creare iniziative per coinvolgere i propri clienti. Attrae finanziamenti: L’impatto ambientale sta diventando un criterio di rifermento nel valutare verso quale azienda rivolgere i propri finanziamenti e investimenti. Secondo Larry Fink, cofondatore e presidente di BlackRock, la più grande società di investimenti al mondo, le aziende con una strategia a lungo termine e ben articolata per affrontare la transazione verso lo zero emissioni nette si distingueranno proprio per la loro capacità di ispirare fiducia di poter far fronte a questa trasformazione globale. Non importa che tu abbia un’impresa piccola media o grande, l’importante è fare dei piccoli passi nella direzione della sostenibilità iniziare un percorso che in futuro possa garantire risultati tangibili. Spero come sempre che ciò che ho deciso di raccontarti oggi tu lo possa aver trovato interessante, sarebbe fantastico se fosse fonte di ispirazione per regalare un futuro migliore alle nuove generazioni andando a diminuire l’impatto della produzione industriale sull’ambiente. Colgo l’occasione per augurarti una buona giornata, alla prossima settimana!

  • Privacy e cookie policy: quali sono le differenze?

    Buongiorno, Caro lettore, oggi voglio parlarti di una piccola azione involontaria che tutte le persone che navigano sul web sono solite fare. Di cosa sto parlando? Ora te lo spiego... Con l’avvento degli smartphone navigare in rete non è mai stato più semplice, in qualsiasi evenienza S. Google ha sempre la risposta a tutti i nostri dubbi o curiosità. Essedo effettivamente così semplice ed intuitivo noi tutti quotidianamente visitiamo decine e decine di siti, ed ormai in modo spontaneo accettiamo la profilazione dei nostri dati. In che modo? Molto semplice... Quando accedi ad ogni tipologia di sito dal 2016 sino ad oggi, nella home ti comparirà un banner (comunemente nella parte bassa dello schermo) che ti chiederà di accettare i cookie per poterti garantire la migliore esperienza di utilizzo dello stesso, in quel momento sappi che darai il consenso alla tua profilazione. Al giorno d’oggi la privacy e l’utilizzo di dati sensibili sono tutti argomenti molto delicati ed è bene che tutte le persone che navigano in rete abbiano ben chiaro come funziona questo mondo. Così, sia che tu sia il proprietario del sito web, o che tu sia il fruitore sai cosa sta dietro all’argomento privacy e cookie policy. Cosa è la cookie policy? La cookie policy non è altro che un’informativa, per comodità viene impostata su più livelli. Un primo livello: contenente un’informativa breve all’interno di un banner che compare immediatamente quando l’utente accede ad un sito internet. Un secondo livello: contenente l’informativa estesa, raggiungibile tramite un link cliccabile direttamente sul banner(primo livello). Il banner relativo all’informativa breve conterrà l’indicazione che il sito utilizza cookie tecnici e, previo consenso dell’utente, cookie di profilazione o altri strumenti di tracciamento indicando in esso le relative finalità. L’informativa estesa dovrà contenere tutti gli elementi previsti dal Regolamento Europeo 2016/679, descrivere analiticamente le caratteristiche e le finalità dei cookie installati dal sito, chi è il titolare del trattamento, gli eventuali altri soggetti destinatari dei dati personali, i tempi e luogo di conservazione delle informazioni (o i criteri utilizzati per determinarli) e le indicazioni sulla possibilità e sulle modalità per gli utenti di esercitare i propri diritti in materia di protezione dei dati personali. Dovrà inoltre contenere i criteri di codifica dei cookie o degli altri strumenti di tracciamento utilizzati in modo da distinguere, in particolare, i cookie tecnici da quelli analytics e da quelli di profilazione. Informazioni più dettagliate le puoi trovare qui. Cosa sono e a cosa servono i cookie? I cookie sono piccoli file di testo memorizzati su un dispositivo, come un PC, uno smartphone o qualsiasi altro dispositivo in grado di memorizzare informazioni. Possono utilizzare i cookie anche i cosiddetti dispositivi dell'”Internet of Things” (IoT) che si connettono a Internet. I cookie svolgono una serie di importanti funzioni, tra cui ricordare un utente e le sue precedenti interazioni con un sito web. Possono essere utilizzati, ad esempio, per tenere traccia degli articoli aggiunti ad un carrello virtuale durante gli acquisti online o per tenere traccia delle informazioni quando si inseriscono i dettagli in un modulo online. I cookie di autenticazione sono importanti per identificare gli utenti quando accedono a servizi bancari e altri servizi online. Alcuni cookie vengono utilizzati anche per aiutare le pagine web a caricarsi più velocemente e per instradare le informazioni su una rete. Quali informazioni deve contenere la cookie policy? La cookie policy è un documento che spiega: Quale tipologia di cookie è attiva sul tuo sito web La finalità dei cookie utilizzati Quali dati tracciano e come è possibile per l’utente accettare o rifiutare i cookies tramite le impostazioni del browser e attraverso il banner. I cookies sono piccoli file di testo in cui sono scritte alcune informazioni riguardanti l’utente che visita un determinato sito. Si tratta di informazioni relative alle interazioni tra il pc dell’utente ed il sito web visitato. Essi vengono inviati dai siti visitati ai terminali degli utenti, ove vengono memorizzati per essere poi ritrasmessi agli stessi siti alla visita successiva. Alcuni gestori di siti preferiscono ricomprendere la cookie policy all’interno di un unico documento contenente anche la privacy policy. I cookie sono un potenziale rischio per la privacy, perché sono in grado di tracciare, archiviare e condividere informazioni relative al comportamento online degli utenti, proponendo pubblicità in linea con i loro interessi. Cosa devono fare i gestori di siti internet per non incorrere in sanzioni? Indicare sia nel banner che nell’informativa quali cookie vengono utilizzati. Chiedere ed ottenere il consenso degli utenti qualora si intenda installare sul loro terminale cookie pubblicitari o di tracciamento. L’informativa breve (o banner) deve essere completa, dettagliata. All’utente dev’essere spiegato come acconsentire all’uso dei cookie e come rifiutare. Inserire nel banner il link alla privacy policy contenente l’informativa completa con i dati dei terzi che potranno installare i cookie e le funzionalità dei cookie. Indicare i tempi di conservazione dei dati o i criteri utilizzati per determinarli. Prevedere un comando per chiudere il banner senza prestare il consenso all’installazione dei cookie non necessari. Permettere all’utente di rifiutare tutti i cookie non necessari già nel banner. Cookie Solution Dal 10 gennaio 2022 è diventata obbligatoria la "Cookie Solution" che non è nient'altro che una revisione del banner iniziale relativo alla cookie policy di primo livello. Tale adempimento è richiamato dalle nuove linee guida per l'uso dei cookie approvato il 10/07/21, ecco cosa viene riporta in breve: Cookie banner: I pulsanti “Accetta” e “Rifiuta” sono obbligatori. Gli utenti devono poter fare scelte granulari sulle funzionalità, le terze parti e le categorie di cookie da installare (pur lasciando i dettagli dell’implementazione al fornitore del servizio, le linee guida suggeriscono che raggruppare le opzioni sia una soluzione adatta a soddisfare questo requisito). Gli utenti devono poter aggiornare le proprie preferenze di tracciamento in qualsiasi momento. Raccolta del consenso: Il consenso via semplice scorrimento non è più valido. I cookie wall non sono ammessi. Validità delle preferenze dell’utente relative al consenso: dopo aver chiesto il consenso la prima volta, devono passare almeno 6 mesi prima di poterlo chiedere nuovamente. Cookie statistici (analytics): I cookie statistici di prima parte possono essere installati senza il consenso dell’utente (e senza blocco preventivo). I cookie statistici di terza parte possono essere installati senza il consenso dell’utente (e senza blocco preventivo) solo a determinate condizioni. Prova del consenso: devi poter dimostrare di aver ottenuto un consenso valido secondo gli standard del GDPR. Basi giuridiche applicabili all’uso dei cookie oltre al consenso: l’interesse legittimo non costituisce una base giuridica valida. La privacy policy La privacy è un diritto fondamentale ed è diventato un argomento cruciale con l’avvento dell’era digitale, dato che le persone più o meno consapevolmente condividono su internet una grande quantità di informazioni personali. In qualità di proprietario di un sito web (o di un’applicazione mobile) che raccoglie informazioni personali, sei tenuto ad informare i tuoi utenti su come raccogli e tratti i loro dati personali. La privacy policy è un documento contenuto in un sito web che serve a spiegare perché e come il sito raccoglierà, memorizzerà e utilizzerà le informazioni personali fornite dai suoi utenti. È un documento obbligatorio? Ricordiamo che la privacy policy è un documento obbligatorio per legge, da inserire in ogni sito web in cui avviene un trattamento di dati personali. È richiesta da servizi di terze parti Potresti non saperlo, ma la maggior parte dei servizi di terze parti comunemente utilizzati sui siti Web richiedono che tu disponga di una privacy policy conforme al GDPR per adempiere ai loro termini di servizio. Se utilizzi Google AdSense o Google Analytics, ad esempio, devi disporre di una privacy policy che includa tutte le informazioni necessarie (compresa una clausola relativa all’utilizzo dei cookie). In caso contrario, rischieresti di violare i loro termini, con conseguente impossibilità di utilizzare i loro servizi. Implica maggiore trasparenza Avere un’informativa sulla privacy è essenziale anche dal punto di vista aziendale per essere trasparenti con i visitatori del tuo sito Web e costruire un rapporto di fiducia, soprattutto perché le persone prestano una sempre maggiore attenzione verso la loro privacy. Un sito web che non informa i suoi utenti in merito ai dati raccolti può sembrare inaffidabile. Grazie all’informativa sul trattamento, potrai informare i tuoi utenti circa le finalità del trattamento, le basi giuridiche del trattamento, le modalità e gli strumenti impiegati nelle operazioni di trattamento, i tempi di conservazione dei dati o i criteri utilizzati per determinarli, le informazioni necessarie ad identificare il titolare, l’eventuale cessione o comunicazione dei dati a terze parti, il trasferimento di dati all’estero, se intendi procedere alla profilazione degli utenti e quali saranno gli impatti sugli interessati, con quali modalità l’utente potrà esercitare i propri diritti. Quindi riassumendo... Qual è la differenza tra cookie policy e privacy policy? La cookie policy attiene specificamente all’uso dei cookie sul sito, mentre la privacy policy è un documento generale relativo a tutti i dati personali raccolti attraverso un sito Web, inclusi moduli di contatto, mailing list, ecc. Quindi per concludere, la cookie policy è uno degli argomenti trattati dalla Privacy policy. Spero di averti incuriosito ancora con qualcosa di nuovo che probabilmente conoscevi in parte o non sapevi, per qualsiasi informazione non esitare a contattarci il nostro tecnico privacy sarà più che lieto di risponderti per fugarti qualsiasi dubbio. Buona giornata!

  • Radiazioni ottiche artificiali: effetti e misurazioni

    Buongiorno Caro lettore, bentornato nel nostro spazio settimanale di condivisione e approfondimento di temi legati alla sicurezza sul lavoro. Oggi ti voglio parlare di un argomento molto popolare, le radiazioni ottiche artificiali, devi sapere che sono molte le attività che devono eseguire questo tipo di valutazione, dal semplice studio dentistico ad aziende più strutturate dove le componenti di rischio sono maggiori come, per esempio, chi esegue attività di saldatura o tagli al laser, per intenderci la maggior parte delle aziende metalmeccaniche. Quindi leggi attentamente questo approfondimento perché la tua azienda potrebbe dover fare o aggiornare questo tipo di valutazione, ed è bene che tu sappia tutto il processo che sta dietro un numero. Ma andiamo per gradi... Cosa sono le radiazioni ottiche artificiali? Con l’acronimo ROA (radiazioni ottiche artificiali) si intendono tutte le radiazioni elettromagnetiche, generate artificialmente, aventi una lunghezza d’onda compresa tra 100 nm e 1 mm che possono essere suddivise in tre fasce: radiazioni ultraviolette (UV); radiazioni visibili; radiazioni infrarosse (IR). Tutte le radiazioni ottiche non provenienti dal Sole, quindi, vengono generate artificialmente da determinate sorgenti e rientrano nella definizione di ROA. Quali possono esser le sorgenti di radiazioni ottiche artificiali? Le sorgenti di ROA possono essere suddivise in giustificabili (cioè intrinsecamente sicure e innocue nelle condizioni di utilizzo abituali) o non giustificabili. Le ROA non giustificabili possono essere emesse da: attività di saldatura, lampade germicide per la disinfezione e sterilizzazione, lampade abbronzanti, corpi incandescenti come il metallo fuso, laser, display, monitor, ecc. Costituiscono sorgenti giustificabili: monitor dei computer, fotocopiatrici, display, lampade di illuminazione standard di ambienti domestici e di ufficio, ecc. Gli organi “bersaglio” di un’esposizione a ROA sono gli occhi e la pelle. La tipologia di effetti su tali organi dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente; la gravità dell’effetto, invece, dipende dall’intensità della radiazione stessa. Come si misurano le radiazioni ottiche artificiali? Per i rilievi si utilizza un foto-radiometro portatile in grado eseguire misure di radiazioni ottiche non coerenti in accordo alla direttiva europea 2006.25. CE ed al decreto legislativo 81.2008. Lo strumento è composto da una serie di sensori per coprire le differenti porzioni spettrali e da un piccolo LASER che serve ad indicare la sorgente analizzata. Lo strumento è corredato da specifico software che permette l’analisi dei dati rilevati e di verificare il rispetto dei limiti imposti dalla normativa. Quali effetti hanno le radiazioni ottiche artificiali sull’uomo? Come prima citato gli organi più colpiti dalle radiazioni sono la pelle e gli occhi approfondiamo ora quali danni può provocare un’eccessiva esposizione. Sulla pelle, l’esposizione a ROA può provocare: eritemi bruciature invecchiamento accelerato tumori cutanei; mentre per quanto riguarda l’apparato visivo (occhi) possono verificarsi: cataratte bruciature di cornea e retina lesioni della retina fotocheratite fotocongiuntivite In considerazione delle conseguenze negative che il lavoratore può avere, è di fondamentale importanza (e richiesto peraltro dal DLgs 81/2008) che il Datore di Lavoro valuti adeguatamente il rischio connesso all’esposizione a ROA e, se necessario, metta in atto un piano di misure tecniche-organizzative volte ad eliminare o, laddove non fosse possibile, ridurre al minimo l’esposizione dei lavoratori. Quando è necessaria la valutazione dell’esposizione a ROA e quando è necessario effettuare le misure? Come stabilito dall’art. 216 del D.lgs. 81/2008, il Datore di Lavoro deve valutare sempre l’esposizione dei lavoratori alle ROA, in relazione alle attività svolte e alle sorgenti presenti nell’ambiente di lavoro. Pertanto, nell’ottica della valutazione dei rischi, è bene che il Datore di Lavoro parta con un censimento di tutte le sorgenti di radiazioni ottiche artificiali presenti nell’ambiente di lavoro. Nel caso in cui le sorgenti presenti siano tutte giustificabili non è necessario ricorrere alle misurazioni. Viceversa, se sono presenti sorgenti non giustificabili, quali le attività prima elencate (attività di 8saldatura, lampade abbronzanti, laser, corpi incandescenti, ecc.), e non si può escludere a priori il superamento dei valori limite di esposizione stabiliti dal D.lgs. 81/2008, è necessario ricorrere alle misurazioni. Generalmente, in questi casi, il rischio viene approfondito dettagliatamente seguendo i seguenti step: analisi del lavoro: finalizzata alla definizione di una corretta strategia di misurazione; scelta della strategia di misurazione; misurazioni: esecuzione dei rilievi radiometrici; calcolo dell’esposizione e confronto con i valori limite di esposizione. Ogni quanto tempo deve essere aggiornata la valutazione? L’art. 181, comma 2, stabilisce che la valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici (tra cui le radiazioni ottiche artificiali) deve essere effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da personale qualificato nell’ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. Inoltre, tale valutazione deve essere aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne mostrino la necessità. Come sempre spero di esserti stato d’aiuto a comprendere al meglio ciò che svolgiamo all’interno della tua attività. Per qualsiasi dubbio non esitare a contattarmi. Buona giornata e alla prossima!

  • Gestione delle emergenze e corsi antincendio: le novità

    Buongiorno, Caro lettore, oggi voglio palarti di un aggiornamento molto importante l’1,2 e 3 settembre 2021 sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale i Decreti Ministeriali che andranno a sostituire a partire dal 4 ottobre 2022 (più o meno un anno dopo essere stati pubblicati in G.U.), il vecchio Decreto 10 marzo 1998 che riguarda la gestione e la formazione antincendio sui luoghi di lavoro. So che alcune cose da comprendere sono molto complesse, infatti, il mio tentativo è stato quello di snellire il tutto in maniera più semplice ed esplicativa possibile aggiungendo laddove serviva anche degli esempi pratici, l’articolo lo troverai sempre presente qui nel blog in modo da poterlo consultare ogni qualvolta ti sorga un dubbio. Vediamo di approfondire la situazione attraverso quelle che sono le domande che potrebbero sorgere ad un pubblico non costantemente aggiornato. Con i nuovi Decreti sono stati abrogati alcuni dei vecchi articoli? Ebbene sì, gli articoli che sono stati abrogati dal Decreto Ministeriale del 10 marzo 1998 sono: L’art. 3 comma 1 lettera f (fornire ai lavoratori una adeguata informazione e formazione sui rischi di incendio secondo i criteri di cui all’allegato VII) L’art. 5 (Gestione dell’emergenza in caso di incendio) L’art. 6 (Designazione degli addetti al servizio antincendio) L’art. 7 (Formazione degli addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione dell’emergenza). Quali sono gli argomenti principali dei nuovi decreti? Gli argomenti principali dei nuovi Decreti sono: DM 01 settembre 2021 “Criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a), punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 25/09/2021; DM 02 settembre 2021 “Criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed emergenza e caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a), punto 4 e lettera b) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81” pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 04/10/2021. DM 03 settembre 2021 “Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. “, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 29/10/2021. Ho già acquistato un corso antincendio ai sensi del DM 10 marzo 1998 previsto per novembre 2022, cosa devo fare considerando che il Decreto è cambiato? Non ti preoccupare se hai acquistato tale corso potrai comunque svolgerlo senza nessun tipo di problema; infatti, tutta la formazione svolta entro il 4 aprile 2023 sarà valida a tutti gli effetti per il rilascio dell’attestato di addetto antincendio. Ho svolto il corso di formazione o di aggiornamento addetto antincendio da meno di 5 anni quando devo fare l’aggiornamento? E se invece sono già passati più di 5 anni dalla formazione o ultimo aggiornamento? Se hai svolto il corso di formazione o di aggiornamento addetto antincendio da meno di 5 anni dovrai svolgere il corso di aggiornamento entro i 5 anni successivi ovvero entro la scadenza. Poniamo un esempio: ho volto il corso in data 1 agosto 2020, sino all’1 agosto del 2025 il mio attestato sarà valido a tutti gli effetti. Prendiamo in esame ora la seconda domanda, se sono già passati 5 anni dalla tua formazione o aggiornamento, il tuo attestato è ormai scaduto, hai un anno di tempo per aggiornarti e ricevere un nuovo attestato che avrà valenza quinquennale. Poniamo un esempio, ho svolto il corso in data 10 ottobre 2017, il mio corso in data 10 ottobre 2022 non avrà più validità e avrò tempo sino al 4 ottobre 2023 per aggiornarmi al nuovo Decreto Ministeriale. Come sono cambiate le denominazioni dei corsi addetto antincendio? Dal 1998 sino ad oggi siamo stati soliti denominare i corsi con il livello di rischio al quale l’azienda era sottoposta, basso, medio o alto. Dal 4 ottobre 2022 i corsi si definiranno come livello 1 (ex rischio basso), livello 2 (ex rischio medio) e livello 3 (ex rischio alto). Quali sono le aziende di livello 1? Che tipo di formazione deve eseguire l’addetto antincendio? Le aziende che vengono considerate di livello 1 sono quelle realtà nel quale vi è una presenza di sostanze a basso tasso di infiammabilità, con una probabilità di propagazione di incendio scarsa. Se l’azienda per il quale lavori fa parte di questo gruppo la formazione per diventare addetto antincendio sarà complessivamente di 4 ore declinate in 2 teoriche e 2 pratiche, mentre i successivi aggiornamenti saranno ogni 5 anni e sarà solo un modulo pratico da 2 ore. Quali sono le aziende di livello 2? Che tipo di formazione deve eseguire l’addetto antincendio? Le aziende che vengono considerate di livello 2 sono quelle realtà nel quale vi è una presenza di sostanze infiammabili, con una probabilità di propagazione di incendio limitata. Se l’azienda per il quale lavori fa parte di questo gruppo la formazione per diventare addetto antincendio sarà complessivamente di 8 ore declinate in 5 teoriche e 3 pratiche, mentre i successivi aggiornamenti saranno ogni 5 anni e saranno 2 ore teoriche e 3 ore di pratica per un totale di 5 ore. Quali sono le aziende di livello 3? Che tipo di formazione deve eseguire l’addetto antincendio? Le aziende che vengono considerate di livello 3 sono quelle realtà nel quale vi è una presenza di sostanze altamente infiammabili, con un’elevata probabilità di propagazione di incendio. Se l’azienda per il quale lavori fa parte di questo gruppo la formazione per diventare addetto antincendio sarà complessivamente di 16 ore declinate in 12 teoriche e 4 pratiche, mentre i successivi aggiornamenti saranno ogni 5 anni e saranno 5 ore teoriche e 3 ore di pratica per un totale di 8 ore. Come posso svolgere il corso addetto antincendio? Quali sono le metodologie didattiche? Innanzitutto, bisogna fare una prima distinzione ovvero la parte teorica dalla parte pratica in quanto le stesse non si possono svolgere nelle medesime modalità. Il modulo dedicato alla parte teorica lo si potrà svolgere: In presenza In videoconferenza (FAD sincrona) Non in e-learning Mentre per quanto riguarda il modulo OBBLIGATORIO dedicato alla parte pratica lo si potrà svolgere solo ed esclusivamente in presenza. Queste sono quelle che secondo me potrebbero essere le domande che ti potresti porre, ma probabilmente te ne sono sorte altre, l’argomento è vasto e delicato, non tenertele per te, condividile! Potresti essere di aiuto ad altre persone che come te hanno riscontrato dei dubbi circa la nuova normativa antincendio, scrivi pure a me o al mio team di tecnici e saremo lieti di risponderti. Ti ringrazio e ti saluto, alla prossima settimana con un nuovo articolo!

  • Caso studio: caduta dall'alto

    Buongiorno, Caro lettore bentornato nel nostro spazio dedicato all’informazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. È ormai passato parecchio tempo dall’ultimo caso studio trattato, ma considerando la mole di infortuni avvenuti sul lavoro in quest’ultimo periodo sicuramente non sarai rimasto senza notizie, purtroppo sentiamo quotidianamente, dai telegiornali alla carta stampata, parlare di infortuni e decessi dovuti alla poca attenzione durante lo svolgimento delle attività lavorative. Oggi non andremo ad analizzare fortunatamente un caso di decesso ma parleremo invece di un grave incidente avvenuto all’interno di un’azienda metalmeccanica, dovuto, come molto spesso accade, alla presunzione di sapere esattamente come eseguire un’azione specifica senza badare ai rischi dovuti alle circostanze. Ma partiamo dall’inizio: l’azienda in questione è una nota azienda lombarda di proprietà di due fratelli che produce supporti antisismici per l’edilizia. I due decidono di sfruttare un’occasione acquistando ad un’asta fallimentare due presse per i controlli strumentali dei supporti da loro prodotti. Una volta giunte in azienda le due presse, inizia la fase di ispezione dei due macchinari con un controllo sia delle parti visibili da terra sia verificando gli organi di comando posti nella parte superiore. Proprio durante quest’ultima fase, uno dei due imprenditori, per la verifica degli attuatori della pressa, decide di salire nella parte superiore del macchinario senza utilizzo di nessun tipo di protezione o attrezzatura che agevolasse il raggiungimento del punto interessato in sicurezza. Ad aggravare la già non sicurissima situazione dello “scalatore” vi era inoltre la parte superiore del macchinario, la quale, per agevolare il trasporto, era stata smontata come ben visibile dall’immagine qui sotto. Ma veniamo ora al dunque, durante la salita procedendo in appoggio precario sui montanti del macchinario, l’uomo scivola e cade all’indietro impattando con la nuca direttamente sullo spigolo della suddetta parte smontata ed in particolare sul supporto dedicato al pistone idraulico. Esito della caduta? Ampia ferita al capo con emorragia celebrale, 50 giorni di monitoraggio in neurochirurgia, postumi permanenti e 6 punti percentuali di invalidità INAIL. Perché è avvenuto l’infortunio? Così su due piedi la risposta è molto semplice: c’è stata una mancanza di attenzione, ma da professionisti della sicurezza è bene farne un’analisi più approfondita. Uno dei fattori che ha spinto l’uomo ad affrontare l’improvvisata “scalata” è stata un’errata valutazione del rischio probabilmente dovuta al tentativo di stringere le tempistiche di valutazione del nuovo acquisto. La caduta verso il basso in assenza della presenza della parte superiore, in sé sarebbe stata in qualunque caso grave, con esiti presumibilmente negativi ma, se ci aggiungiamo anche la presenza di un elemento metallico caratterizzato da una forma che presenta degli spigoli il risultato è sicuramente di grave entità. Come si possono prevenire infortuni di questo tipo? Fondamentale è l’elaborazione di una concreta valutazione dei rischi prima di svolgere tali operazioni, in particolar modo se si tratta di attività non consueta su macchinari che non si conoscono bene e di lavori svolti in quota. Utilizzo di idonee opere provvisionali, quando si svolgono lavori in quota, anche solo una semplice scala a castello per operazioni di breve durata. Elaborazione di opportune istruzioni operative e formazione conseguente dei lavoratori, rispetto ad operazioni particolari e pericolose, come ad esempio l’accesso a postazioni in quota. Oggi abbiamo selezionato un caso studio particolare in cui l’infortunato coincideva con il datore di lavoro e le conseguenze le ha pagate lui in prima persona ma come si può evincere dalla vicenda basta poco per farsi molto male e riportare danni permanenti, il semplice utilizzo di una scala a castello avrebbe sicuramente cambiato l’esito della vicenda, probabilmente non ne staremmo nemmeno parlando. Con questo ragionamento dove voglio arrivare?! Voglio farti comprendere che è meglio perdere 2 minuti e munirsi del materiale occorrente a svolgere l’attività in sicurezza piuttosto che affrettare le operazioni e rischiare di farsi del male o in alcuni casi perdere la vita. Ci sentiamo la settimana prossima, buon week end!

  • Rischio chimico: tutto quello che devi sapere

    Buongiorno Caro lettore, bentornato nel nostro appuntamento con news e approfondimenti sulla sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro. Come penso tu abbia già letto dal titolo o dalla breve presentazione che ti ho mandato via mail oggi ho deciso di parlarti di rischio chimico. Un rischio molto diffuso all’interno di molte PMI lombarde a differenza di quello che si possa pensare. Infatti, siamo soliti accostare tale rischio ad industrie chimiche, raffinerie o laboratori di ricerca, ed è vero che in quei contesti il rischio chimico è fortemente presente, ma è vero anche che vi sono realtà dove il rischio c’è ma con esposizione di gran lunga minore per il lavoratore. Considerando la vastità dell’argomento ho deciso di riassumere il tutto in otto macro-argomenti che ti guideranno nell’approfondimento, dalla definizione di agente chimico sino alle azioni da compiere in caso di incidente chimico. Direi che dopo questa breve ma dovuta introduzione possiamo iniziare! Definizione di agente chimico Partiamo dalla definizione di agente chimico che possiamo tranquillamente ricavare dall’art. 222 del D.lgs. 81/08 : Tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato si può facilmente intuire come gli agenti chimici siano di per sé parte della nostra esistenza quotidiana: dai prodotti per le pulizie e la disinfezione, a quelli per la stampa o per la conservazione degli alimenti. Sistema univoco di classificazione degli agenti chimici Una così elevata presenza di sostanze chimiche, anche potenzialmente pericolose, comporta una diffusione del rischio chimico nei luoghi di lavoro ed un corrispondente rilevante numero di lavoratori esposti, a volte, in modo del tutto inconsapevole. A motivo di questa diffusione si è reso da tempo necessario un sistema univoco di classificazione degli agenti chimici, che prevede una prima macro-distinzione in due classi: 1. gli agenti con proprietà pericolose di tipo chimico-fisico, a loro volta declinati in agenti infiammabili, esplosivi, comburenti e corrosivi; la cui esposizione accidentale da parte del lavoratore generalmente comporta un infortunio. 2. gli agenti con proprietà tossicologiche, ulteriormente distinti a loro volta in sostanze nocive, sensibilizzanti, irritanti, tossiche, teratogene e cancerogene; la cui esposizione non controllata da parte del lavoratore comporta una malattia professionale. Pittogrammi di rischio: un’immediata valutazione del pericolo Un primo strumento per l’immediata valutazione della pericolosità eventuale di un prodotto chimico è costituito dall’etichettatura, così come ridefinita dal regolamento europeo (REACH e CLP) di recente definitiva introduzione, in vigore dal 01 giugno 2015, che definisce nove diversi pittogrammi di rischio ognuno dei quali illustra una tipologia di pericolo associata alle proprietà intrinseche della sostanza. I pittogrammi, di forma romboidale in campo bianco con cornice rossa, riprendono, e in parte modificano, i simboli di rischio precedentemente in vigore di colore arancione e nero, rinnovandone in alcuni casi solo la grafica, e, in altri casi, introducendo una nuova simbologia (es. effetti a lungo termine sull’organismo, recipienti sotto pressione). Rischio chimico: la normativa italiana ed Europea La normativa italiana che riguarda tutti gli aspetti della valutazione del Rischio Chimico, applicata ai luoghi di lavoro, è rintracciabile nel Titolo IX del D.Lgs 81/08, e si articola su tre Capi principali: Capo I – Protezione da agenti chimici; Capo II – Protezione da agenti Cancerogeni e Mutageni; Capo III – Protezione da rischi connessi all’amianto. Le normative europee di riferimento che hanno introdotto importanti novità nell’intero panorama del Rischio Chimico a livello internazionale, sono: il Regolamento (CE) n.1907/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 (REACH, Registration, Evaluation, Authorization of CHemicals)- il Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 (CLP – Classification Labelling Packaging) ai quali fanno riferimento ulteriori recenti documenti emessi dalla Commissione Consultiva permanente in materia di Valutazione del Rischio chimico e che illustrano nel dettaglio le linee guida per effettuare correttamente la valutazione, riconosciute a livello italiano ed in armonia con quanto definito dalla comunità Europea. Valutazione del rischio chimico A prescindere dalla linea guida utilizzata per la valutazione del Rischio chimico, l’esito della valutazione dovrà risultare o “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”, o “non basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute”, ed in questo secondo caso il datore di lavoro dovrà necessariamente adottare tutte le misure preventive e le disposizioni come definito negli artt. 225 e 226 del Testo Unico. Il processo di valutazione del Rischio da esposizione ad agenti chimici si articola, su tre fasi fondamentali: Valutazione del pericolo. Alla base vi è un’attenta e scrupolosa analisi della Scheda di Sicurezza del prodotto, in cui sono elencate e descritte tutte le proprietà intrinseche di pericolo della sostanza oggetto della valutazione. Valutazione dell’esposizione. Deve tenere conto delle modalità attraverso la quale i lavoratori esposti possono entrare in contatto con la sostanza, della frequenza di utilizzo, della quantità massima e di valutazioni ambientali e rilevazioni biologiche volte a caratterizzare la presenza della sostanza nell’ambiente di lavoro e/o l’assorbimento nell’organismo. Caratterizzazione del rischio. Sulla base dei risultati emersi dalle due fasi precedenti il Datore di Lavoro elabora una serie di misure preventive, protettive e di sorveglianza sanitaria, rivolte a eliminare o ridurre, la possibilità di esposizione alla sostanza nell’ambito dello scenario lavorativo analizzato, e in parallelo a monitorarne la presenza e la diffusione. Alcune misure per la riduzione del rischio I rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti al minimo mediante le seguenti misure di carattere generico: Progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro; Fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate; Riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti; Riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione; Misure igieniche adeguate; Riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione; Metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici. Il datore di lavoro, sulla base dell’attività e della valutazione dei rischi deve provvedere affinché il rischio sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura dell’attività lo consenta, con altri agenti o processi che, nelle condizioni di uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori. Quando la natura dell’attività non consente di eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore di lavoro deve garantire che il rischio sia ridotto mediante l’applicazione delle seguenti misure da adottarsi nel seguente ordine di priorità: Progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, nonché uso di attrezzature e materiali adeguati; Appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio; Misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi l’esposizione; Sorveglianza sanitaria dei lavoratori. Dispositivi di protezione collettiva: cosa deve fare il datore di lavoro? Il datore di lavoro deve mettere a disposizione attrezzature di lavoro ed adottare sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi alle disposizioni legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per quanto riguarda l’uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente esplosive; egli deve anche adottare misure per assicurare un sufficiente controllo degli impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo a disposizione sistemi e dispositivi finalizzati alla limitazione del rischio di esplosione o dispositivi per limitare la pressione delle esplosioni. Il datore di lavoro deve informare i lavoratori del superamento dei valori limite di esposizione professionale, delle cause dell’evento e delle misure di prevenzione e protezione adottate e ne deve dare comunicazione, senza indugio, all’organo di vigilanza. Tale comunicazione può essere effettuata in via telematica, anche per mezzo degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro. Cosa succede in caso di incidente? Come bisogna comportarsi? Il datore di lavoro, al fine di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o di emergenze derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro, deve predisporre procedure di intervento adeguate da attuarsi al verificarsi di tali eventi. Tali misure comprendono esercitazioni di sicurezza da effettuarsi a intervalli connessi alla tipologia di lavorazione e la messa a disposizione di appropriati mezzi di pronto soccorso. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoro deve adottare immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare, di assistenza, di evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il datore di lavoro deve adottare inoltre misure adeguate a porre rimedio alla situazione quanto prima. Ai lavoratori cui è consentito operare nell’area colpita o ai lavoratori indispensabili all’effettuazione delle riparazioni e delle attività necessarie, devono essere forniti indumenti protettivi, dispositivi di protezione individuale ed idonee attrezzature di intervento che devono essere utilizzate sino a quando persiste la situazione anomala. Il datore di lavoro deve adottare le misure necessarie per approntare sistemi d’allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per segnalare tempestivamente l’incidente o l’emergenza. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano previsto dal Decreto; in particolare nel piano vanno inserite: Informazioni preliminari sulle attività pericolose, sugli agenti chimici pericolosi, sulle misure per l’identificazione dei rischi, sulle precauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi competenti per le situazioni di emergenza possano mettere a punto le proprie procedure e misure precauzionali; Qualunque altra informazione disponibile sui rischi specifici derivanti o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o situazioni di emergenza. Come ti avevo anticipato nell’introduzione l’approfondimento avrebbe sviscerato gli otto punti caratteristici di questo rischio molto complesso e strutturato, il mio tentativo è stato semplicemente quello di renderlo più digeribile, ma sono sicuro che se sei arrivato sino a qua sarai sicuramente informato a dovere, quando il tuo consulente ti esporrà tale problematica non brancolerai nel buio nel tentativo di comprendere ciò che dice. Se hai dei dubbi o dei quesiti che mi vuoi porre, non esitare a scrivermi una mail o a contattarci telefonicamente, io o uno dei miei colleghi saremo lieti di rispondere a tutte le tue richieste. Alla prossima!

  • Modifiche al testo unico sulla sicurezza 81/08: tutte le novità

    Buongiorno, Caro lettore, devi sapere che Con la Legge 215/2021, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 20 dicembre 2021 n. 301, è stato convertito in legge, con modificazioni, il Decreto-legge 146/2021, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. Stiamo parlando del Decreto Fisco-Lavoro, che contiene anche modifiche rilevanti al D. Lgs. 81/08 ben noto come Testo Unico Sicurezza sul Lavoro. Le modifiche che sono state apportate al D. Lgs. 81/08, in data 21.12.2021 riguardano diversi articoli, evito volontariamente di farti la lista che sono sicuro non ti direbbe nulla, così ho deciso di approfondire il tutto nel dettaglio ponendolo in maniera discorsiva in modo da essere semplicemente fruito per chi non è propriamente del settore. Partiamo con il comprendere lo scopo di queste azioni intraprese dal Governo, ovvero, quello di incentivare e semplificare l’attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di garantire un maggiore coordinamento dei soggetti competenti a presidiare il rispetto delle disposizioni per la prevenzione. È quindi possibile (essendo la legge già in atto) intervenire con maggiore efficacia sulle imprese che non rispettano le misure di prevenzione o che utilizzano lavoratori in nero. Lavoro Nero: si abbassa la soglia per la sospensione dell’attività Sono cambiate le condizioni necessarie per l’adozione del provvedimento cautelare della sospensione dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni: 10% e non più 20% del personale “in nero” presente sul luogo di lavoro. Non è più richiesta alcuna “recidiva” ai fini della adozione del provvedimento che scatterà subito a fronte di gravi violazioni prevenzionistiche. La nuova disciplina del provvedimento cautelare prevede altresì l’impossibilità, per l’impresa destinataria del provvedimento, di contrattare con la pubblica amministrazione per tutto il periodo di sospensione. Violazione norme sicurezza sul lavoro: il prezzo si fa più salato Nel caso in cui vengano accertate gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro, è prevista la sospensione dell’attività, anche senza la necessità di una reiterazione degli illeciti, quali: Mancata elaborazione del DVR; Mancata elaborazione del Piano di Emergenza ed Evacuazione; Mancata formazione ed addestramento; Mancata costituzione del Servizio di Prevenzione e Protezione; Mancata elaborazione del POS; Mancata fornitura dei DPI contro le cadute dall’alto; Mancanza di protezione contro il vuoto; Mancata applicazione delle armature di sostegno; Lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai rischi elettrici; Presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai rischi; Mancanza di protezione contro contatti diretti ed indiretti; Omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza segnalazione o controllo; Mancata notifica all’organo di vigilanza prima dell’inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione all’amianto. Per poter riprendere l’attività produttiva è necessario non soltanto il ripristino delle regolari condizioni di lavoro, ma anche il pagamento di una somma aggiuntiva di importo variabile a seconda delle fattispecie di violazione. L’importo è raddoppiato se, nei cinque anni precedenti, la stessa impresa ha già avuto un provvedimento di sospensione. Attività di formazione e addestramento: quali sono le novità per il datore di lavoro? Modificato anche l’art. 37 del D.lgs. 81/08, nel quale viene indicato che entro il 30 giugno 2022 verrà emanato un nuovo Accordo Stato Regioni in materia di formazione, in cui verranno: individuate le durate, contenuti minimi e modalità della formazione obbligatoria a carico del Datore di Lavoro; individuate le modalità di verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro e anche le modalità delle verifiche dell’efficacia durante lo svolgimento delle prestazioni lavorative. Con le modifiche apportate all’art. 37 del D. Lgs. 81/08 viene inoltre indicato che: l’addestramento consiste nello svolgimento di prova prativa, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, anche in relazione all’applicazione delle procedure di lavoro; l’avvenuto addestramento dovrà essere tracciato in apposito registro, anche informatizzato; la formazione per i Preposti, nonché l’aggiornamento abbia cadenza biennale e che questa possa essere erogata esclusivamente con modalità in presenza. La lettura dei combinati disposti porta a concludere che tutte le novità introdotte restano sospese in attesa dell’emanazione del nuovo Accordo Stato Regioni sulla formazione, che, come già detto, dovrà entrare in vigore entro il 30.6.2022. Preposto, una figura in evoluzione Una ulteriore modifica riguarda la funzione del Preposto sulla sicurezza. Viene modificato l’art. 19 del D. Lgs. 81/08 sugli “Obblighi del Preposto”, prevedendo che il Preposto deve interrompere l’attività lavorativa quando: il lavoratore non segue le indicazioni in materia di salute e sicurezza individuate da Datore di Lavoro e dirigenti per l’utilizzo di attrezzature di lavoro o dispositivi di protezione collettiva e individuale (DPI); il Preposto individua carenze o non conformità che possono dar luogo a situazioni di pericolo. Quindi, una maggiore responsabilità a chi è direttamente sul campo in modo da far rispettare il più possibile le disposizioni dettate dal testo unico. Controlli: più ispettori e tecnologie Tra le novità troviamo l’estensione all’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) delle stesse competenze di vigilanza e ispezione in precedenza riconosciute soltanto alle Aziende Sanitarie Locali (ASL), al quale si accompagneranno un aumento dell’organico con un’assunzione prevista di 1024 unità e un investimento di 3,7 milioni di euro per dotare il nuovo personale della strumentazione informatica idonea a svolgere l’attività di vigilanza. Inoltre, è stata rafforzata la banca dati dell’INAIL, il Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP), per il quale si punta a una definitiva messa a regime e a una maggiore condivisione delle informazioni in esso contenute. Gli organi di vigilanza sono tenuti ad alimentare un’apposita sezione della banca dati, dedicata alle sanzioni applicate nell’ambito dell’attività di vigilanza svolta nei luoghi di lavoro. Mentre l’INAIL dovrà rendere disponibili alle Aziende sanitarie locali e all’Ispettorato nazionale del lavoro i dati relativi alle aziende assicurate e agli infortuni denunciati. Per oggi le novità sono concluse, come penso abbia percepito tu stesso vi è un evidente tentativo di regolarizzare quanto più possibile l’attività lavorativa in termini di prevenzione e di salute e la sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro. Spero come sempre di aver reso meno noioso un argomento complesso come quello odierno, e di averti dato delle informazioni utili al corretto svolgimento della tua attività lavorativa. Per qualsiasi informazione non esitare a contattarmi. Alla prossima!

  • ISO 9001: tutto quello che devi sapere

    Buongiorno Caro lettore, bentornato nel nostro appuntamento settimanale, spero che questo inizio 2022 sia all’altezza delle tue aspettative, ci stiamo ormai per lasciare alle spalle il mese di gennaio equale momento migliore per fare un focus sui tuoi clienti. Ti senti di dare loro il meglio di te? Sia che la risposta sia positiva o negativa non disperare, oggi ti voglio parlare del sistema di gestione della qualità UNI EN ISO 9001:2015. Si sa tutte le aziende offrono sempre il servizio o il prodotto migliore sul mercato al prezzo migliore. Ma è sempre vero? Chi lo certifica? Rispondo io...NESSUNO. Oggi se vuoi ti offro l’opportunità di avere un riconoscimento a livello internazionale che afferma che tutto ciò che svolge la tua attività è eseguito a regola d’arte. Cos’è la Iso 9001? Le norme della serie ISO 9000 sono state definite per delineare i requisiti per i sistemi di gestione della qualità all’interno delle aziende, in particolare la ISO 9001 è lo standard più conosciuto e utilizzato per i sistemi di gestione della qualità di tutto il mondo: infatti più di un milione di aziende sono oggi certificate secondo questa norma in 170 Paesi diversi. Ma di preciso che cos’è la certificazione ISO 9001? È un certificato il cui possesso dimostra che le attività dell’impresa rispecchiano i requisiti minimi della norma ISO 9001; in tal modo il cliente finale può aver piena fiducia sul fatto che i servizi e i prodotti immessi sul mercato corrispondano a determinate specifiche e che tutte le fasi relative alla loro realizzazione siano ripercorribili e verificabili. L’adozione della certificazione ISO 9001 non è obbligatoria, ma il suo possesso sta diventando un attributo sempre più indispensabile per far fronte alle sfide del mercato. Oramai in tutte le gare pubbliche dello stato, negli appalti e anche nell' affidamento di forniture importanti, si richiede il possesso della Certificazione ISO 9001 Quale ‘è lo scopo principale della ISO 9001? La ISO 9001 è la norma di riferimento per un'organizzazione che intenda pianificare, attuare, monitorare e migliorare sia i processi operativi che quelli di supporto, progettando e implementando il sistema di gestione qualità come mezzo per continuare ad alzare l’asticella raggiungendo risultati considerevoli. Il cliente e la sua soddisfazione sono il fulcro della ISO 9001; ogni attività, applicazione e monitoraggio delle attività è infatti volta a determinare il massimo soddisfacimento del cliente (e, se applicabile, utilizzatore finale). Le fasi di applicazione della norma partono dalla definizione delle procedure e registrazioni per ogni singolo processo o macro-processo identificato all'interno dell'organizzazione aziendale. Si passa attraverso tutte le aree dell'organizzazione che comprendono: direzione aziendale pianificazione marketing progettazione e sviluppo del prodotto o servizio vendita approvvigionamento produzione o erogazione installazione assistenza (post-vendita) Inoltre, vi è anche uno studio ed un’analisi di quello che è il patrimonio intellettuale dell’azienda partendo dalla gestione delle risorse umane sino all’orientamento aziendale, passando ovviamente per missione e visione. Quali sono i requisiti della ISO 9001? I requisiti della ISO 9001:2015 (più di 300) derivano dagli otto principi di gestione della qualità e hanno come scopo quello di consentire a un'organizzazione di fornire ai clienti una garanzia di qualità del prodotto e del servizio e non, come molti credono, di servire allo sviluppo di un sistema di gestione della qualità. I requisiti della ISO 9001:2015 possono essere tutti ricondotti a uno dei seguenti requisiti di gestione: Scopo: i requisiti che rientrano in questo primo gruppo servono per riesaminare lo scopo dell'organizzazione e i bisogni e le aspettative delle parti interessate. Contesto: i requisiti relativi al contesto si preoccupano che l'organizzazione esegua una scansione dell'ambiente in cui opera per determinare i fattori che influiscono sulla sua capacità di organizzarsi per adempiere al suo scopo, decidere le priorità e impostare una strategia. Politica: i requisiti che hanno a che fare con la politica servono per definire le intenzioni generali dell'organizzazione, i principi e i valori guida relativi alla qualità. Pianificazione: qui troviamo i requisiti che servono per stabilire gli obiettivi e le relative misurazioni necessari per adempiere allo scopo e alle politiche delle organizzazioni, per valutare i rischi e sviluppare i relativi piani e processi per farvi fronte e per determinare le risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi che tengano anche debitamente conto di questi rischi. Implementazione: qui troviamo i requisiti relativi alle risorse per mettere in pratica e gestire i piani e i processi necessari a fornire gli output e i risultati pianificati. Misurazione: i requisiti relativi alla misurazione servono per misurare e monitorare il raggiungimento degli obiettivi, l'aderenza alle politiche dell'organizzazione e la soddisfazione degli stakeholder Riesame: questi requisiti servono per analizzare e valutare i risultati delle misurazioni, per determinare i risultati delle prestazioni rispetto agli obiettivi e per determinare i cambiamenti necessari all'interno delle politiche, degli obiettivi, delle misurazioni e dei processi per assicurare la continua idoneità, adeguatezza ed efficacia del sistema qualità Miglioramento: in questo ultimo gruppo sono idealmente raccolti tutti i requisiti necessari per intraprendere azioni per portare avanti un miglioramento attraverso un sistema di controllo migliore, un migliore utilizzo delle risorse e una migliore comprensione dei bisogni delle parti interessate. Qui potremmo far rientrare anche tutto ciò che riguarda l'innovazione e l’apprendimento. Potremmo anche ricondurre tutti i requisiti della ISO 9001 a cinque macro-requisiti che potremmo definire “di assicurazione”. L’organizzazione deve: dimostrare il proprio impegno per il raggiungimento della qualità. dimostrare di avere politiche efficaci per creare un ambiente che motivi il personale a soddisfare i bisogni e le aspettative dei clienti e i requisiti legali e i regolamenti applicabili. dimostrare di aver efficacemente tradotto i bisogni e le aspettative dei propri clienti e i requisiti legali e i regolamenti applicabili in obiettivi misurabili e raggiungibili. dimostrare di avere una rete di processi per abilitare l'organizzazione al raggiungimento di questi obiettivi nel modo più efficiente. dimostrare attraverso le misurazioni di aver raggiunto gli obiettivi che si è posta, di averli raggiunti nel modo migliore e rimanendo coerente con le esigenze e le aspettative dei suoi stakeholder. Qual è la durata della certificazione ISO 9001:2015? La certificazione ISO 9001 ha durata triennale e può essere rinnovata ripetendo il percorso sopra descritto. A fine del triennio le Aziende possono decider se rinnovare il Certificato ISO 9001 per I successivi tre anni. A cadenza annuale dalla data di prima certificazione dovranno essere effettuate le “Verifiche di Sorveglianza”. Come si evince dal termine, questa verifica annuale, si attua per evitare che l’entusiasmo iniziale che le Aziende hanno dopo aver attuato la qualità, vada via via scemando sino alla scadenza triennale del certificato. Proprio per spingere le Aziende ad un costante miglioramento e ad un riesame continuo del Sistema di Gestione Qualità si attua questa scadenza annuale dove si verificano da parte dell’Ente di Certificazione i progressi effettuati nell’implementazione e nel miglioramento del Sistema Qualità. Quali sono i principali benefici? Considerando la spesa, l’enorme mole di impegno e lavoro da parte di tutto l’organico aziendale è bene che tu sappia che tutto ciò ha degli enormi vantaggi, quali: Dimostra l’impegno dell’azienda verso la qualità e la soddisfazione dei clienti. Assicura che i prodotti e i servizi offerti dall’azienda tengano effettivamente conto delle esigenze del cliente e dei requisiti cogenti e normativi. Permette di misurare il progresso dell’azienda verso il continuo miglioramento del suo rendimento di mercato utilizzando uno standard di riferimento con cui confrontarsi. Aiuta a migliorare i risultati dell’azienda in termini organizzativi. Perché la mia organizzazione dovrebbe implementare la ISO 9001? I clienti sono la linfa vitale di qualsiasi attività. Per conservare la clientela, garantendone anche la soddisfazione, il prodotto o il servizio fornito deve rispondere alle sue esigenze. Lo standard ISO 9001 offre una struttura per intraprendere un approccio sistematico della gestione dei processi aziendali tale da soddisfare tali esigenze. Bureau Veritas offre il valore di uno specialista di Terza Parte indipendente, capace di valutare il sistema di gestione e fornire un servizio di certificazione in riferimento allo standard. Spero come sempre di averti aperto nuovi orizzonti, di averti fatto comprendere che non ci si deve mai fermare nel migliorarsi, non esiste un reale punto di arrivo, il mondo è in continua evoluzione e noi ne dobbiamo essere parte attiva e non lesa. Per qualsiasi informazione non esitare a contattarmi, sarò lieto di fornirti le risposte più esaustive possibili. Alla prossima!

  • Certificazione ISO 50001: Sistema di gestione energetica

    Buongiorno, Caro lettore, oggi mi piacerebbe che mi ascoltassi in modo particolare, come ben sai ogni settimana cerco di esserti vicino offrendoti un costante aggiornamento con evoluzioni o nuove normative che possono non sfiorare il tuo interesse o paradossalmente esservi al centro, dipende ovviamente dalla tipologia della tua azienda e dal cambio normativo. Oggi stranamente ciò che ho da dirti colpisce tutti i nostri clienti o potenzialmente tali, senza distinzioni. Come ben saprai questi primi mesi del 2022 sono stati caratterizzati da un sostanziale rincaro di gas ed energia elettrica che potrebbero avere un impatto negativo al portafoglio della tua azienda, così ho cercato una soluzione valida che potesse dare valore ed essere utile alla tua azienda sotto diversi punti di vista, non solo quello economico. La prima cosa alla quale ho pensato è l’efficientamento energetico in quanto a mio parere nel 2022 è bene che tutte le aziende che hanno sede in un polo fortemente industrializzato come quello Lombardo abbiano un occhio di riguardo nei confronti del nostro pianeta, definita green vision dalle giovani leve che abiteranno il globo negli anni a venire. La seconda cosa che ho pensato è stata l’ottimizzazione delle prestazioni energetiche, semplicemente organizzare le attività quotidiane in modo da renderle misurabili con il fine ultimo di venire a conoscenza di eventuali sprechi energetici. Ad unire questi due macro-pensieri mi è venuta in soccorso la ISO 50001. Cos’è la norma ISO 50001? La norma ISO 50001: Sancisce gli standard internazionali per i Sistemi di gestione dell'energia SGE. È basato su un approccio PFCA (Pianifica-Fa-Controlla-Agisci), ovvero l’implementazione di politiche energetiche corrette caratterizzate da obiettivi concreti, volti alla messa in atto di azioni mirate e, successivamente, al controllo ed alla verifica delle modalità di riduzione dell’utilizzo di energia, con l'obiettivo del miglioramento continuo. Quali sono i requisiti della norma ISO 50001? I suoi principali requisiti riguardano: L’implementazione di politiche energetiche caratterizzate da obbiettivi concreti e misurabili. L’identificazione degli usi dell’energia, individuando le aree di criticità e gli elementi che influiscono sui consumi. Previsione dei consumi e comparazione con i consumi effettivi. Inserire l’efficienza energetica all’interno delle fasi decisionali, progettazione di nuovi impianti, fornitori di materie prime e servizi. Qual è l’obbiettivo? L’obbiettivo della norma ISO 50001 è quello di permettere alle organizzazioni di realizzare e mantenere un sistema di gestione dell’energia che consente di migliorare in modo continuo la propria prestazione energetica, incrementando man mano il risparmio che si potrà poi reinvestire in altre attività. A questo punto è bene che tu mi stia a sentire perché ti voglio fornire una grande opportunità, a breve ti elencherò i vari vantaggi che puoi ottenere eseguendo questa certificazione, attività che potrai eseguire tu in prima persona, adottando le strategie da noi indicate. Solo dopo averti elencato i vantaggi, che sono proprio qui sotto, ho deciso di inserire una piccola sorpresa per te. Sono sicuro ti potrà interessare, continua con la lettura. Quali sono i vantaggi della certificazione ISO 50001? La ISO 50001 offre diversi vantaggi misurabili in termini di costi per le organizzazioni di qualsiasi dimensione e settore. Consente di ottenere uno strumento per ottimizzare sistematicamente le prestazioni energetiche e promuovere una gestione energetica più efficiente. Con una certificazione ISO 50001 le aziende sono in grado di: Maturare conoscenza del consumo energetico al proprio interno. Monitorare e ridurre (riuscendo a quantificare oggettivamente gli sforzi di riduzione) il proprio fabbisogno energetico. Valutare la conformità rispetto a vincoli legislativi e poterne così dare pubblico riscontro. Dimostrare con maggiore facilità il rispetto degli obblighi cui è sottoposta l’organizzazione (dal mondo esterno o per autodeterminazione, ovvero obblighi legislativi o impegni derivanti dalla propria politica sull’energia, ad esempio). Sviluppare in maniera credibile la propria reputazione ambientale. Solo ora, dopo che ti ho offerto una panoramica generale circa la ISO 50001, ed hai compreso che la questione ambientale è una problematica importante, che va affrontata qui ed ora per avere dei riscontri positivi in termini di prestazioni aziendali, efficientamento e risparmio, ho deciso di comunicarti ciò che ti ha spinto a leggere sino a qui. (Se purtroppo stai leggendo questo articolo dopo il 31 marzo mi spiace ma non potrai usufruire del contributo ma come ti descritto prima non esiste solo ed esclusivamente un vantaggio economico, ci sono molte atre motivazioni che ti spingeranno ad eseguire tale certificazione). Venendo a noi, la Regione Lombardia offre un contributo a fondo perduto, finalizzato a coprire il 50% delle spese ammissibili al netto dell'IVA per l'adozione del sistema di gestione ISO 50001 in ognuna delle sedi operative in cui svolgila tua personale attività lavorativa, fino ad un massimo di 10 sedi operative. Bando che resterà aperto sino al 31 marzo 2022. Per completezza di informazione ti lascio QUI il link del sito della regione Lombardia dove potrai trovare tutte le informazioni per accedere al bando. A nostro parere un’occasione da non farsi sfuggire per restare al passo con l’ambiente e l’evoluzione delle imprese del territorio Lombardo. Spero come sempre di averti comunicato qualcosa di nuovo ed interessante, si sa le opportunità vere oggi non sono molte e avere qualcuno che tiene a te e all’evoluzione della tua idea imprenditoriale, fornendoti tutto ciò di cui necessiti fa molto piacere. Per qualsiasi cosa non esitare a contattarmi! Grazie mille e alla prossima.

  • Aggiornamento Covid-19: le nuove misure in vigore

    Buongiorno, Caro lettore, prima di parlarti di cose noiose ci tengo a farti i migliori auguri di buon anno e spero che la ripresa non sia stata troppo traumatica, sì sa le vacanze sono belle e a volte anche troppo corte, ma prima o poi si deve tornare dietro la scrivania. Venendo a noi, ho deciso di scriverti perché in questo periodo che va dalla Vigilia di Natale al 7 Gennaio vi sono stati alcuni aggiornamenti a livello normativo in materia di prevenzione del rischio contagio da Covid-19, e giustamente, in questo periodo ti sarai informato grazie a quello che dicono i telegiornali, sicuramente ascoltati di sfuggita tra una cena e l’altra con amici e parenti, o tramite quotidiani letti per sommi capi, magari dopo una giornata di sci davanti ad una buona cioccolata calda. Ma non ti preoccupare, qui sotto troverai tutti gli aggiornamenti riassunti in modo semplice evitandoti di dover cercare in rete, garantendoti un risparmio di tempo che potrai adottare per mettere in sicurezza l’azienda ed informare i tuoi dipendenti. Decreto-Legge 24 dicembre 2021, n. 221 Art.1: Stato di emergenza prorogato fino al 31 marzo 2022. Art.3: Dal 1° febbraio 2022 la durata delle certificazioni verdi COVID-19 da nove mesi a sei mesi (aggiornamento automatico dei certificati emessi ad oggi). Art.5: È consentito esclusivamente ai soggetti in possesso della certificazione verde rafforzata COVID-19 (avvenuta guarigione, completamento ciclo vaccinale, minori di 12 anni o soggetti esenti) il consumo di cibi e bevande al banco, al chiuso, nei servizi di bar e ristorazione. Decreto-Legge 30 dicembre 2021, n. 229 Art.2: La misura della quarantena precauzionale non si applica a coloro che, nei 120 giorni (4 mesi) dal completamento del ciclo vaccinale primario o dalla guarigione o successivamente alla somministrazione della dose di richiamo, hanno avuto contatti stretti con soggetti confermati positivi al COVID-19. Ai soggetti definiti come contatti stretti è obbligatorio un periodo di auto-sorveglianza, nel quale bisogna indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo FFP2 fino al decimo giorno successivo alla data dell’ultimo contatto stretto con soggetti confermati positivi al COVID-19, e di effettuare un test antigenico rapido o molecolare per la rilevazione dell’antigene Sars-Cov-2. Se durante questi dieci giorni il contatto stretto dovesse avere dei sintomi deve effettuare due tamponi antigenici rapidi o molecolari, uno al giorno della comparsa dei sintomi e uno cinque giorni dopo, andando così a determinare o meno l’infezione da Covid-19. Decreto-Legge 07 gennaio 2022, n.1 Art.1: Obbligo vaccinale per tutti coloro che hanno compiuto i 50 anni. In caso di inosservanza dell’obbligo vaccinale, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 100,00 ai soggetti che alla data del 1° febbraio 2022: Non abbiano iniziato il ciclo vaccinale primario (1°dose). Non abbiano effettuato la dose di completamento del ciclo vaccinale primario (2°dose). Non abbiano effettuato la dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario entro i termini di validità delle certificazioni verdi (3°dose). Per l’accesso ai luoghi di lavoro ai lavoratori con 50 anni di età, a partire dal 15/02/2022, sarà necessario presentare il Green Pass Rafforzato (guarigione/vaccinazione). I lavoratori che comunichino di non essere in possesso del green pass o che risultino privi della stessa al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro sono considerati assenti ingiustificati senza retribuzione né altro compenso o emolumento Art.3: Dal 20/01/2022 è consentito esclusivamente ai soggetti in possesso di una delle certificazioni verdi COVID-19, l’accesso ai seguenti ai servizi alla persona mentre dal 01/02 scatta l’obbligo per l’accesso a pubblici uffici, servizi postali, bancari e finanziari e attività commerciali. Spero come sempre di esserti stato d’aiuto, se ci fosse qualcosa che non fosse chiaro non esitare a scrivermi o contattarmi sarò più che lieto di darti tutte le delucidazioni necessarie. Buona giornata e alla prossima!

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